Tanti, scomodi, i temi trattati dallo scrittore e giornalista, che ha scelto di dedicare l’ultima puntata del contestato programma al ricordo delle 308 vittime del terremoto che ha devastato L’Aquila e delle loro storie. Persone di nazionalità diversa, studenti, operai, tutti accomunati dalla paura e dall’impotenza di fronte alle 400 scosse che si sono susseguite prima di quella fatale della notte del 6 aprile. Tutti accomunati dalla sottile consapevolezza che quei tetti sopra le loro teste non fossero così sicuri. Per Saviano sono semplicemente le “vittime del cemento, della cattiva costruzione”, come lo scrittore dimostra ricordando le problematiche legate al crollo della casa dello studente, forse più di ogni altro edificio il simbolo di quella “edilizia criminale che chiude gli occhi di fronte al denaro e ai consensi elettorali”.
Un’edilizia che dimentica di realizzare un pilastro. Un’edilizia descritta minuziosamente nelle perizie al vaglio della magistratura lette in trasmissione da Lilli Centofanti, sorella di Davide, uno dei giovani spirati sotto le macerie della casa dello studente. Nessun accertamento effettuato a seguito del cambio di destinazione d’uso, cattiva manutenzione, qualità scadente del calcestruzzo, errori di calcolo, noncuranza della sismicità. “E i ragazzi se ne stavano accorgendo” tuona Saviano, quando ricorda lo sgomento degli universitari che, impegnati a piantare un chiodo nei muri della loro stanza, vi riuscivano senza martello, ma premendo soltanto il pollice.
Ricorda Saviano le parole del custode, che dichiarò: “L’Aquila trema, ma non crolla”. Ricorda quelle del tecnico mandato per un sopralluogo, che negò l’evidenza invitando gli studenti, se proprio non ne potevano fare a meno, a dormire nella sala studio. La prima a crollare alle 3,32 di quella notte. Ricorda Saviano le parole della Commissione Grandi Rischi e si chiede quanto, in casi come questo, la regola sia fondamentale. La regola seguita non per il rischio di una sanzione, ma con la convinzione di fare bene in favore degli altri.
“Sembra sempre la stessa tragedia” è l’amara conclusione. Il riferimento è a quanto già accaduto nel Bel Paese, come quando a tremare fu l’Irpinia. “Tangenti, ricostruzione, cose che non funzionano” le parole che ricorrono, come una triste melodia di sottofondo, nelle tragedie che toccano l’Italia.