Sovraffollamento carceri: il Garante dei detenuti chiede un indulto per le condanne brevi. 16.568 detenuti sotto i 2 anni, sistema al collasso
La situazione nelle carceri italiane è un’emergenza che grida vendetta, un dramma quotidiano che viola la Costituzione e mette a rischio la dignità umana. E la soluzione, secondo il Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, è una sola, netta, e impellente: un indulto immediato per le condanne e i residui di pena inferiori a due anni. Perché? Perché, al 31 maggio scorso, sono ben 16.568 i detenuti che rientrano in questa categoria, esattamente quanti sono gli “ospiti” in eccesso nelle nostre carceri.

Un numero che, se rilasciato, cancellerebbe di colpo il sovraffollamento e rimetterebbe in funzione un sistema penitenziario sull’orlo del baratro. I dati parlano chiaro e sono impietosi. A fine maggio, negli istituti penitenziari italiani c’erano 62.761 persone recluse. Un esercito di anime in gabbia, contro una capienza complessiva di 11.437 posti in meno.
Ma la realtà è ancora più cruda: ben 16.016 posti in meno rispetto ai posti regolamentari effettivamente disponibili, considerando che 4.579 sono in ristrutturazione o manutenzione. “Da qui il famoso indice di sovraffollamento del 134,29%“, spiega Anastasia, con una chiarezza che non ammette repliche. “Ciò significa che in cento posti vivono in media 134-135 persone“. E non è solo una questione di numeri, ma di vite.
“Un terzo di persone in più significa non solo una più difficile convivenza in ambienti spesso angusti e soffocanti (specie ora, che si va incontro al gran caldo dell’estate), ma anche meno personale e servizi a disposizione“. Un inferno quotidiano, dove la mancanza di spazio si traduce in mancanza di dignità, di igiene, di speranza. “In alcuni casi uno-due poliziotti, soprattutto nei turni notturni, devono far fronte alle istanze di cento, centocinquanta detenuti“, denuncia il Garante, dipingendo un quadro di precarietà e rischio costante.
Indulto come “misura necessaria”: dignità e reinserimento sociale
Secondo Anastasia, la prima misura necessaria è “rimettere in pari il numero delle persone detenute con quelle a cui l’Amministrazione penitenziaria, le amministrazioni pubbliche concorrenti e la società civile possano effettivamente garantire un trattamento dignitoso e una offerta di sostegno e di opportunità formative e lavorative idonee a consentirne il reinserimento sociale in condizioni di autonomia e legalità“. Un concetto forte: il carcere non deve essere solo punizione, ma anche riabilitazione.

Il Garante va oltre, auspicando un “numero chiuso in carcere, come peraltro auspicato dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura“. Un segnale chiaro che l’Europa ci guarda, e la situazione attuale è insostenibile.
Anastasia ricorda l’esempio del 2006, quando l’indulto si rivelò uno strumento straordinario. “L’amnistia e l’indulto sono gli unici strumenti straordinari, rapidi ed efficaci previsti dalla Costituzione, che richiedono il consenso di maggioranza e opposizione“, sottolinea. E nel 2006, proprio il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il leader dell’opposizione Silvio Berlusconi, votarono concordemente un indulto di tre anni, con un risultato “strabiliante”: “dimezzare la recidiva tra i suoi beneficiari”.
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Un precedente che dimostra come, al di là delle divisioni politiche, si possa trovare una convergenza su temi cruciali. “Azzerato il sovraffollamento, maggioranza e opposizioni potranno tornare a dividersi sul futuro, ma almeno avranno guadagnato il tempo per realizzarlo e avranno posto termine a questa costante violazione della Costituzione che si sta consumando nelle nostre carceri“, conclude il Garante, lanciando un appello accorato alla politica. Il tempo stringe, e la dignità dei detenuti non può più aspettare.





