La società era stata già condannata nel febbraio 2016 dopo che la UilTucs Abruzzo, a tutela dei lavoratori della sede regionale dell’Ivri di San Giovanni Teatino, si era vista costretta a ricorrere al giudice del lavoro per denunciare, secondo l’art.28 dello statuto dei lavoratori, la condotta antisindacale perpetrata dall’azienda a danno degli aderenti al sindacato.
“L’azione giudiziaria- spiegano i legali della UilTucs, gli avvocati Massimiliano Matteucci e Stefano Di Renzo – era scaturita da una serie di denunce pervenute alla UILTucs da parte di diversi lavoratori iscritti al sindacato, i quali hanno lamentato di aver subito vessazioni e pressioni da parte dei vertici aziendali locali della società dirette ad indurli a cambiare sigla sindacale, vessazioni trasformate gradualmente in atti persecutori mediante sanzioni disciplinari ingiustificate, spostamenti di mansioni strumentali, dequalificazione dei lavoratori e assegnazione di turni disagiati”.
“La UilTucs Abruzzo, in linea con la propria azione sindacale – sottolinea il segretario generale della UilTucs, Mario Miccoli- aveva portato la questione prima all’attenzione della direzione aziendale e successivamente sui tavoli istituzionali preposti, Prefettura, Direzione Territoriale del Lavoro e Asl, sollevando anche problematiche legate alle condizioni di lavoro dei dipendenti come la poca sicurezza dei mezzi adibiti al trasporto valori, la insalubrità dei luoghi di lavoro, i turni massacranti con sovraccarichi di lavoro esponendo le guardie giurate a cali di attenzione che mettono a repentaglio la sicurezza stessa dei lavoratori”.
In risposta alle rivendicazioni sindacali, l’Ivri ha avviato una dura azione intimidatoria al fine di indebolire la sigla sindacale che in quel momento deteneva la maggiore rappresentanza in azienda, andando a colpire proprio i lavoratori iscritti che pur di sfuggire ai metodi vessatori hanno rinunciato alla propria adesione alla UIl Tucs.
A questo ha risposto il decreto di condanna dello scorso 28 febbraio che ha sottolineato come “la pressione esercitata dalla società al fine di ottenere una revoca dell’iscrizione dei lavoratori dall’organizzazione sindacale, è stata finalizzata, con tutta evidenza, ad indebolire la posizione della Uil e a limitare la sua azione di tutela nei confronti dei lavoratori, impedendo l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale”. Ordinando alla società di cessare immediatamente la condotta anti sindacale rimuovendone gli effetti lesivi.
Respingendo l’opposizione presentata dall’IVRI il giudice, Laura Ciarcia, del Tribunale del Lavoro di Chieti, con sentenza del 18 ottobre ha ritenuto fondate le ragioni del sindacato, riconoscendo, come nella sentenza di primo grado, il nesso di causalità tra le disdette sindacali dei lavoratori e gli atteggiamenti persecutori dei vertici aziendali IVRI, dando risalto alle ingerenze perpetrate ai danni dei lavoratori e dell’organizzazione sindacale.
“In un momento storico difficile in cui l’economia per ripartire chiede nuove sfide al sistema produttivo – conclude Miccoli- anche mediante l’utilizzo di strumenti contrattuali e legislativi al passo dei tempi, simili comportamenti lesivi della libertà del lavoratore e del suo diritto di tutelarsi, dimostrano l’immaturità e l’inadeguatezza di alcune aziende nella selezione dei propri quadri, tali pratiche sono inaccettabili e devono essere stigmatizzate e perseguite dalle istituzioni e da coloro che a vario titolo partecipano ai sistemi di garanzia e tutela previsti dalla legge. Per cui appare paradossale che nel fatto specifico vi siano sigle sindacali che invece di contrastare simili comportamenti addirittura sostengano l’azienda nel perpetrarli” mi auguro che le associazioni dei datori di lavoro, intervengano su questi accadimenti, prima di dire che il sindacato è in ritardo.