Pescara. “Gravissimo rischio frane ed alluvioni che insiste su impianti e gasdotti secondo le mappe ufficiali; pericolo di crollo della Diga di Bomba e rispetto della relativa sentenza del Consiglio di Stato; mancanza della titolarità del titolo minerario da parte del proponente; emissioni a go-go in Val di Sangro con oltre 1400 tonnellate di idrocarburi liquidi da bruciare assieme al gas nell’impianto di raffinazione del gas; documenti mancanti ed elaborati illeggibili”.
E’ lunghissimo l’elenco dei motivi per rigettare l’istanza dei petrolieri individuati dai comuni della Val di Sangro, a partire da Paglieta e Bomba che dovrebbero ospitare, rispettivamente, la raffineria di desolforazione e l’impianto di estrazione, per arrivare ai comuni attraversati dal gasdotto di collegamento (Perano, Roccascalegna, Atessa, Pennadomo, Torricella Peligna, Colledimezzo, Altino, Villa Santa Maria, Archi), da e assieme a Nuovo Senso Civico, Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua e Ambiente e/è Vita.
Questa mattina in conferenza stampa i sindaci di Paglieta, Bomba e Atessa assieme ai referenti di movimenti ed associazioni hanno ribadito tutte queste problematiche.
Il gruppo di lavoro congiunto istituzioni locali-associazioni ha redatto un lungo documento di analisi degli elaborati progettuali presentati dall’azienda. Il 29 agosto, infatti, scadono i termini per la presentazione delle osservazioni alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale nazionale attivata presso il Ministero dell’Ambiente. Molti comuni della val di Sangro stanno deliberando in questi giorni la propria opposizione al progetto.
“Sono almeno 15 i motivi per dire No al progetto presentato dalla società CMI Energia spa. Ricordiamo che il progetto prevede la messa in produzione dei pozzi esistenti Monte Pallano 1 e 2, la perforazione e completamento di due nuovi pozzi Monte Pallano 3 e 4 e l’eventuale perforazione di un ulteriore pozzo Monte Pallano 5 per l’estrazione di circa 2 miliardi di Smc di gas. Inoltre è prevista la costruzione di un gasdotto di circa 21 km e di una centrale di desolforazione del gas nell’area industriale del comune di Paglieta. In primo luogo ci sono due consistenti questioni procedurali che secondo gli oppositori dovevano rendere improcedibile l’istanza da parte dei due ministeri competenti, quello dell’Ambiente sulla riproposizione della VIA in palese violazione del giudicato del Consiglio di Stato che si è già espresso negativamente sul progetto e quello del Ministero dello Sviluppo Economico per la mancanza dei requisiti di titolarità del Permesso di Ricerca da parte del proponente. Due fatti estremamente gravi che da soli dovrebbero portare a bocciare la nuova richiesta. In secondo luogo vengono evidenziate numerosissime criticità rispetto agli elaborati progettuali, che prevedono una raffineria in Val di Sangro che dovrebbe addirittura bruciare anche gli scarti di idrocarburi liquidi estratti per oltre 1400 tonnellate l’anno. In ultimo vi è il punto 16) che riguarda una sostanziale diffida al Ministero dell’Ambiente rispetto alla prassi di consentire di integrare la documentazione carente da parte dei petrolieri, nonostante vi siano precisi vincoli temporali individuati dalla legge”, hanno spiegato i sindaci e le associazioni.
Comuni e associazioni che hanno stilato il documento chiedono a tutte le istituzioni abruzzesi di far sentire la propria voce ai due ministeri e in generale al Governo. Lunedì vi sarà una riunione del comitato VIA regionale che analizzerà il progetto per inviare le osservazioni della regione a Roma. “Riteniamo utile che la Regione, facendo valere la propria competenza per quanto riguarda la necessità dell’Intesa per il rilascio del titolo minerario, operi presso i due ministeri affinché, anche in auto-tutela, ammettano l’improcedibilità dell’istanza dei petrolieri. Tanti cittadini, dei comuni interessati e non, stanno firmando le osservazioni. Chiediamo di inviarne il più possibile per dimostrare che vogliamo uscire dal mondo degli idrocarburi che porta inquinamento, rischi e cambiamenti climatici irreparabili. Chiunque può inviare le proprie osservazioni oppure scaricare dai siti delle associazioni (ad esempio, qui:https://we.tl/KUWWRH5dnx) il fac-simile da firmare ed inviare via PEC o raccomandata al Ministero dell’Ambiente entro il 29 agosto”.
LE OSSERVAZIONE AL PROGETTO DI ESTRAZIONE DEL GAS A BOMBA
RIPROPOSIZIONE DI UN PROGETTO IN CONTRASTO CON UNA SENTENZA DEFINITIVA DEL CONSIGLIO DI STATO – VIOLAZIONE DEL GIUDICATO
Il progetto ripropone la perforazione di pozzi e l’estrazione di circa 2 miliardi di Smc di gas dal sottosuolo, intervento che è stato già sottoposto a procedura di V.I.A. con esito sfavorevole. Il Consiglio di Stato con la sentenza N. 02495/2015 del 18/05/2015 ha stabilito la correttezza della decisione, evidenziando in maniera inequivocabile che doveva applicarsi il principio di precauzione dato l’estremo pericolo derivante da un eventuale crollo della diga a causa delle subsidenza. Gli elaborati progettuali non propongono nulla di nuovo in questo senso, visto che il proponente si limita a rielaborare i dati pregressi con un modello diverso, pervenendo, guarda caso, a valori di subsidenza più limitati rispetto a quanto calcolato nel passato. Tale valutazione, come nel passato, è esclusivamente basata su un approccio di tipo probabilistico. Per quale motivo logico dovremmo ritenere quella più recente come la più attendibile, in assenza di fatti nuovi? Tra l’altro la sentenza evidenzia che è proprio il carattere intrinsecamente probabilistico del calcolo della subsidenza a lasciare quel margine di incertezza che fa scattare, in presenza di un così grave rischio di danni irreparabili, il Principio di Precauzione. Inoltre non è cambiato nulla dal punto di vista della classificazione del rischio idrogeologico che evidenzia una condizione di grave fragilità delle aree interessate dagli interventi, questione anch’essa alla base della sentenza del Consiglio di Stato. Per tale ragione la riproposizione dell’intervento, con gli stessi identici elementi da cui derivavano i rischi oggetto di censura (localizzazione e numero dei pozzi) appare come una palese violazione del giudicato che avrebbe dovuto comportare il rigetto immediato dell’istanza da parte dei funzionari dei due ministeri.
IL PROPONENTE NON HA ALCUN TITOLO PER PRESENTARE IL PROGETTO
Per presentare una richiesta di Concessione di Coltivazione bisogna essere titolari di un Permesso di Ricerca, nel caso in esame, il Permesso di Ricerca “Monte Pallano”, intitolato a Forest CMI spa con Decreto Ministeriale 13.02.2004. Il successivo D.M. 8.06.2006 ratifica il trasferimento del 10% del titolo a Intergie srl, e conferma contestualmente la Forest CMI spa quale r.u. (rappresentante unico) di tutta la titolarità. Con successivo D.M. 10.01.2007 la scadenza del titolo fu fissata al 2.05.2010 e non fu mai più variata. Non essendo mai stata né richiesta né tantomeno accordata alcuna delle due possibili proroghe triennali, la vigenza del titolo sul permesso di ricerca “Monte Pallano” è decaduta definitivamente il 2 maggio 2010 e, da tale data, doveva essere resa disponibile, secondo legge, ad eventuale diversa riassegnazione. A seguito dell’esito sfavorevole alla V.I.A. presso a Regione Abruzzo, il MiSE avrebbe dovuto chiudere il procedimento col rigetto dell’istanza di Concessione di Coltivazione. Invece si cerca di riaprire il discorso attraverso una “variazione del programma lavori relativo all’istanza di concessione di coltivazione Colle Santo” quando i disciplinari ammettono che si cambino i programmi dei lavori, per Decreto, in titoli già concessi e non come un’istanza nell’istanza, peraltro già bocciata, di una Concessione che non esiste. Oltre a queste palesi irregolarità ed illegittimità, l’istanza è stata sottomessa non dalla ex-titolare del Permesso di Ricerca e presentatrice della richiesta di V,I.A. di marzo 2009, Forest CMI spa, ma da una società nuova, del tutto diversa, CMI Energia spa. Il MiSE, a marzo 2016, ha surrettiziamente un cambio di titolarità di un Permesso di Ricerca scaduto ed, eventualmente, altrimenti contendibile senza alcun atto di verifica delle condizioni del cambio e dei requisiti del nuovo titolare.
DISSESTO IDROGEOLOGICO
Gran parte delle opere, sia l’area dei pozzi, sia il gasdotto, sia la centrale, è localizzata all’interno di aree a grave o gravissimo rischio idrogeologico. Il territorio dell’area pozzi e del primo km di gasdotto è soggetto a pericolosità da frana, confermata dalla storia del territorio degli ultimi duecento anni. Basta ricordare il viadotto della S.S. che fu abbandonato in corso di costruzione posto a poche centinaia di metri dall’area pozzi. Oppure le decine di frane che interessano tutto il versante in questione. Appare incredibile che nel 2016 si voglia localizzare un’attività così intrinsecamente rischiosa in territori gravati da elevata vulnerabilità ambientale in un paese che ad ogni pioggia subisce danni e lutti.
DOCUMENTAZIONE MANCANTE
Il proponente indica a pagg.45,46 e 47 del S.I.A. un voluminoso insieme di elaborati indispensabile, per norma, all’approvazione del Progetto Definitivo, che intende conseguire successivamente alla fase di V.I.A. Tra queste addirittura la documentazione relativa alla compatibilità idrogeologica. In assenza di tale documentazione diviene censurabile la consultazione pubblica per il procedimento di V.I.A., nel quale si sottopone a esame e consultazione una documentazione intenzionalmente difettosa, evitando quindi il contraddittorio su punti dirimenti del progetto.
PIANO PARTICELLARE DI ESPROPRIO
Il Progetto Definitivo avrebbe dovuto contenere i piani particellari particolareggiati per gli espropri, affrontando inevitabilmente il problema di indicare terreni con vincoli ostativi (ad esempio quelli di tipo urbanistico). Negli elaborati progettuali non vi è alcun elaborato in tal senso.
OPZIONE ZERO E ALTRE OPZIONI
Il proponente sbriga in poche righe la questione dell’opzione zero sostenendo che non è praticabile. In realtà tale opzione deve essere valutata adeguatamente, ad esempio calcolando anche la quantità di emissioni di CO2 e i relativi effetti/impatti connessi all’uso dei due miliardi di gas estratti dal giacimento rispetto all’opzione zero.
Non solo manca qualsiasi analisi dell’opzione zero ma lo studio non presenta neanche valutazioni tra opzioni alternative, sia nelle strategie progettuali generali (ad esempio, sviluppando fonti energetiche diverse dalle fossili in area a parità di investimento) sia per quanto riguarda il progetto stesso (a mero titolo di esempio: strategie diverse nello sfruttamento del giacimento; ipotesi alternative di posizione della centrale e del gasdotto ecc.).
INCHIESTA PUBBLICA
Pur ritenendo illegittima l’intera procedura attivata, come argomentato nelle pregiudiziali (e riservandosi ogni ulteriore azione utile volta a sostenere tale tesi), se il Ministero dell’Ambiente dovesse, erroneamente, proseguire nell’esame del progetto, si ritiene doveroso attivare l’inchiesta pubblica di cui all’Art.24 comma 6 del D.lgs.152/2006 in considerazione della gravità delle possibili conseguenze derivanti dallo sviluppo del progetto sia per l’incolumità pubblica sia per gli effetti ambientali in un’area altamente complessa.
DIFFORMITÀ CON I PIANI REGOLATORI
Il progetto è dichiaratamente in contraddizione con alcuni vincoli di piani regolatori comunali. Ciò, per parziale esempio, avviene in Atessa (fra V82 e V83 della condotta:” vincolo archeologico”; altrove in Atessa, “vincolo di rispetto stradale”), in Bomba (“zona a verde di rispetto idrogeologico”; ”zona di rispetto stradale e ferroviario”; “zona di rispetto archeologico”), in Roccascalegna (“zona a conservazione del sistema idromorfologico vegetazionale”; “area di conservazione con trasformabilità mirata”). In particolare a Bomba il proponente ritiene di superare i vincoli esistenti in quanto le opere non sono “da intendersi come “nuove costruzioni”, in quanto hanno carattere di temporaneità”. Ai fini urbanistici vi sono numerose sentenze che chiariscono che tali opere non sono certo temporanee. Pertanto sono vincoli non superabili.
Inoltre evidenziamo che eventuali varianti “automatiche” a cui spesso ricorre il Ministero dello Sviluppo Economico sono del tutto illegittime in assenza di una procedura di V.A.S., che deve essere esplicitata qualora attivata e dotata di tutti gli elaborati proprio di una V.A.S., che qui mancano.
ABBANDONO DELLE FONTI FOSSILI
La cosiddetta Strategia Energetica Nazionale, richiamata a pag.18 e seguenti, è un piano approvato per D.M. nel 2013 dai Ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, in assenza di norme di riferimento, che erano state abrogate dal Referendum del 2013 sul nucleare. Il servizio studi della Camera dei Deputati è chiaro al riguardo “L’istituto della SEN non fa perciò più parte del nostro ordinamento.” (http://leg16.camera.it/465?area=17&tema=151&Strategia+energetica+nazionale). Pertanto ogni riferimento alla S.E.N. è quantomeno forzato. Il progetto contraddice tutti gli sforzi volti ad abbandonare il prima possibile le fonti fossili che stanno mettendo a repentaglio la stessa vivibilità del Pianeta per le future generazioni, come rilevato da tutte le principali istituzioni scientifiche mondiali.
EMISSIONI
Nel progetto della Centrale viene previsto un ossidatore termico dove bruciare anche oltre 1.428 t/a di idrocarburi estratti assieme alle acque di strato. Rispetto ala quello in fase gassosa, questo quantitativo non è certo trascurabile sul totale dei carburanti utilizzati. Quale composizione hanno questi idrocarburi? Come incidono sulla combustione e sulle emissioni?
E’ interessante notare che, a parte alcuni passaggi nel testo del S.I.A. dove si parla di una fase liquida trasportata nella condotta e fonte di problemi di corrosione, nella sezione dell’elaborato che tratta della combustione e delle emissioni non si approfondisce la natura di tali sostanze come il proponente avrebbe dovuto fare, a maggior ragione se tale sostanze è capace per la sua natura di creare grossi problemi nel trasporto del gas.
Purtroppo, in mancanza di previsione della composizione del combustibile gli scenari emissivi sono del tutto aleatori non solo per quanto riguarda l’efficienza della combustione ma soprattutto per quello che attiene al quadro emissivo del camino unico di convogliamento. Tutto ciò senza contare che i VLE (valori limite di emissione) da applicare potrebbero non essere quelli assunti dal proponente.
Queste ed altre considerazioni circa la tipologia di impianto per la desolforazione inficiano alla radice l’attendibilità sia dei quadri emissivi dichiarati sia dei numeri sulla produzione dei rifiuti nonché dell’efficacia degli abbattimenti e degli smaltimenti.
Queste problematiche assumono profili di gravità assoluta se si pensa che la Figura 3v a pag.131 del S.I.A. e relativa al diagramma di flusso di materiali risulta illeggibile a qualsiasi ingrandimento.
APPLICAZIONE DEL D.GS.105/2015 SUGLI IMPIANTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE
Nel progetto proposto, sebbene il proponente includa un’argomentazione escludente (basata su un certo calcolo, che a chi scrive appare riduttivo e incompleto, delle quantità compresenti di materie “pericolose”), compaiono impianti che ricadono nell’ambito del d.lgs. n. 105/2015. In primo luogo la Centrale, in particolare, è classificabile fra le “Raffinerie di Petrolio e di Gas”.
La documentazione depositata appare lacunosa e di difficile lettura complessiva per quanto riguarda la sommatoria delle quantità compresenti di materie “pericolose” (gas a rischio incendio; MDEA; idrocarburi in fase liquida). Pertanto gli elaborati sono carenti nel determinare esattamente le quantità di sostanze pericolose presenti contemporaneamente, nella condizione peggiore ai fini della sicurezza.
EVENTUALI WORK-OVER DEI POZZI
Negli ambienti veramente esperti nel settore, è arcinoto statisticamente che, nella loro vita utile, l’80 % circa dei pozzi, anche se fatti benissimo, viene affetto da indebolimenti strutturali e avarie serie, che richiedono, comunemente, importanti operazioni di “work over”. Le condizioni geologiche dell’area pozzi di Bomba, fino a sensibile profondità, sono particolarmente influenti sia in tali indebolimenti sia nell’applicabile metodologia di work over. Purtroppo, la “variazione al programma lavori” ignora del tutto il problema connesso e, in particolare, non ne ipotizza in alcun modo l’impatto.
CONTRASTO CON IL PIANO REGIONALE DI TUTELA DELLA QUALITA’ DELL’ARIA
La Regione Abruzzo aveva negato la compatibilità ambientale dell’impianto di estrazione e trattamento a Bomba anche sulla base della norma MD3 del Piano Regionale di Tutela della Qualità dell’Aria.
E’ vero che la centrale di trattamento e i relativi camini sono ora previsti in altra area ma in zona interdetta (area pozzi) rimane una sorgente emissiva (“camino freddo”), con relativa torcia di oltre 30 m. d’altezza, che per norma non è lì localizzabile. Tra l’altro non appare tecnicamente delocalizzabile.
AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE
Secondo l’art. 6 comma 13 a), abbisognano di autorizzazione integrata ambientale (AIA) le istallazioni che svolgono attività di Raffinazione di Petrolio e di Gas. Le attività previste nella centrale di Paglieta sono pienamente riconducibili all’attività di raffinazione. Poiché i progetti non possono essere sottomessi a procedura approvativa (e dunque poi eseguiti) solo in parte (si veda ad esempio la sentenza del Consiglio di Stato n. 943/2016, allora, in risposta alla prima domanda, tutto il progetto in esame ha bisogno dell’AIA.
LA CENTRALE DI TRATTAMENTO DI PAGLIETA E LA SUA COMPATIBILITA’ CON LA PROGRAMMAZIONE DI SVILUPPO DELL’AREA
L’impianto previsto a Paglieta è stabilimento di raffinazione di idrocarburi, ovvero una raffineria. C’è ora da osservare che l’assenza di stabilimenti dello stesso generale tipo è stata, dagli anni ’70 in poi – e continua ad essere tuttora – una precondizione formale per l’insediamento di industrie e artigianato manifatturieri nella connessa Area di Sviluppo Industriale: è stata proprio tale assenza una delle condizioni normative per attenuare il degrado dell’Area e promuoverne uno sviluppo vero, fino al “miracolo” della Val di Sangro. Tale sviluppo ora è programmato, non solo sotto la specie dei piani territoriali regionali e locali, ma anche sotto la specie di piani di sviluppo, specificamente economi, con i quali tutto “Colle Santo”, e la Centrale di Paglieta in particolare, cozzano in modi inconciliabili.