Una manifestazione organizzata dalla rete di associazioni “Emergenza Ambiente Abruzzo”, che racchiude al suo interno 85 movimenti fra Comitati, Associazioni e Ambientalismi. WWF, Legambiente, Animalisti Italiani tutti uniti e votati allo sviluppo di energie che attingono da fonti rinnovabili: sole, aria e terra contro la trasformazione della nostra regione in un mega campo petrolifero, dove il 50% del territorio è a rischio estrazione di petrolio, comprese le colline del Montepulciano Doc e il parco nazionale della Majella.
La domanda sorge spontanea: vino, agricoltura, turismo e petrolio come possono coesistere? La risposta nel corso della manifestazione arriva da una lettera inviata da Maria Rita D’Orsogna, ricercatrice della Northridge University in California. La D’Orsogna a causa delle eruzioni vulcaniche in Islanda, non è presente di persona alla manifestazione, ma ugualmente dimostra la sua vicinanza agli abruzzesi: “Il petrolio abruzzese non è una risorsa per l’Abruzzo, ma per l’Eni. Non esiste un comune ‘petrolizzato’ in Italia dove si viva bene con il petrolio. Esempio calzante Falconara e la Basilicata. In Basilicata, dove si trivella da 15 anni, la produzione di meleti, vigneti ed uliveti è dimezzata”. La D’Orsogna lancia inoltre un appello a tutti gli abruzzesi: “è tempo di agire, adesso la classe politica su cui avete investito fiducia, deve farsi interprete di tutta la volontà del popolo. L’Abruzzo è nostro e di nessun altro.”
Determinanti i successivi interventi del Dottor Andrea Ledda, medico ricercatore, e del Professor Massimo Scalia, docente alla Sapienza e padre dell’ambientalismo scientifico.
“Guardiamo cosa ha portato l’Eni a Falconara, – dice il Dottor Ledda – : oggi è uno dei comuni con la più alta incidenza tumorale, negli ultimi 25 anni, è stata tagliata fuori da qualunque insediamento turistico ed era una delle spiagge più belle d’Italia. Dallo stesso processo verrà investito l’Abruzzo. Preserviamo questa terra da danni enormi sul DNA spermatico, cerchiamo di curare prevenendo, perché è proprio l’ambiente che ci fa restare sani o malati”.
Ed il Professor Scalia lancia la soluzione: “Solo riducendo il consumo di idrocarburi ed attuando una politica di risparmio energetico che investa su fonti di energia rinnovabili, il nostro Paese può sfuggire ai terribili cambiamenti climatici, la più grande minaccia per il ventunesimo secolo.”
Il comizio si conclude con due barche che portano lo striscione di Emergenza Ambiente, verso la piattaforma Ombrina Mare, al largo delle coste ortonesi.
QUANTO È BUONO IL NOSTRO PETROLIO?
Da numerose ricerche è emerso inoltre come la qualità del petrolio abruzzese sia altamente scadente: un fango fortemente corrosivo e denso con indice API 12, quando il petrolio migliore del mondo è quello texano ad indice 40. Quello peggiore sono le sabbie del Canada con indice 8. Dunque, il petrolio abruzzese giusto un po’ meglio delle sabbie bituminiche dell’Alberta sarebbe da desolforizzare, e proprio qui entra in campo la mega raffineria che l’Eni avrebbe intenzione di costruire su 15 ettari di terre ortonesi, un’ulteriore fonte di inquinamento per l’aria chietina e non solo, centinaia di rifiuti tossici al giorno dispersi nell’atmosfera.
Un’offerta allettante quindi, solo per Petroceltic, ENI, Mediterranean Oil and Gas, Vega Oil, Forest Oil, Cygam Gas, Edison Gas, Northern Petroleum, Shell, più per il basso costo che per altro.
Stilando un bilancio, ai petrolieri si regalerebbe il 50% del territorio, compreso parte dei parchi nazionali e la costa e quanto resterebbe agli abruzzesi? Solo un esiguo 1%, in cambio di danni a salute, agricoltura, economia, acqua, aria e mare. Un rapporto concreto di 1 a 7.
Dal lago di Bomba, a Pineto, da San Vito Marina alla Majella, da Casalbordino a Silvi, da Teramo a Sulmona, tutti dentro assieme.
Lettera Maria Rita D’Orsogna
Monica Coletti