E per far questo, i mandanti delle minacce non avevano esitato nel reclutare una persona esperta nel maneggiare esplosivi nel mondo della criminalità campana.
I carabinieri hanno fatto luce sull’esplosione, avvenuta lo scorso 5 febbraio, nella pizzeria Anima Concept di Roseto degli Abruzzi. Deflagrazione originata dal posizionamento di un ordigno, che danneggiò il locale e un appartamento presente nello stesso immobile. Dietro all’esplosione c’erano delle vere e proprie intimidazione. Questa mattina, infatti, i carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Giulianova, della stazione di Roseto degli Abruzzi, con la collaborazione dei colleghi di Castello di Cisterna, hanno dato esecuzione ad un ordine di custodia cautelare nei confronti di tre persone (due uomini finiti in carcere e una donna ai domiciliari), emessa dal Gip del tribunale di L’Aquila, che ha accolto la richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo abruzzese. I tre destinatari delle misure cautelari sono accusati, a vario titolo e in concorso tra loro di tentata estorsione mediante l’utilizzo del metodo mafioso, danneggiamento, turbata libertà dell’industria e del commercio.
Nello specifico, si tratta di P.A, 36 anni di origini campane ma domiciliato a Roseto degli Abruzzi, la compagna M.S. di 38, rosetana e R.S. 38 anni, di Pomigliano d’Arco.
Gli inquirenti, che hanno ipotizzato fin dal primo momento che si trattasse di un atto intimidatorio a scopo estorsivo, ne hanno accertato in breve tempo il movente: dissapori e rancori maturati tra imprenditori concorrenti nel settore della ristorazione e le pregresse minacce rivolte ai titolari della pizzeria oggetto dell’attentato.
L’indagine. I carabinieri hanno ricostruito i passaggi dell’intera vicenda. Due giorni prima dell’attentato, era il 3 febbraio, i due conviventi si sono recati a Napoli per reclutare l’uomo che si sarebbe dovuto occupare di piazzare l’ordigno. I tre, all’alba del 5 febbraio, si sono recati dinanzi alla pizzeria; dove la bomba fu piazzata e fatta esplodere. L’uomo di Pomigliano, dopo il “lavoretto” era subito tornato nella sua terra d’origine.
Metodo mafioso. Il fatto commesso dai tre è stato connotato dal cosiddetto metodo mafioso. Infatti, A.P., prima del grave gesto intimidatorio e vantando le sue conoscenze con noti esponenti della malavita campana, aveva minacciato alcuni dei soci della pizzeria, inducendoli a temere per la loro sorte e per la loro attività lavorativa.
Particolare soddisfazione è stata espressa dagli inquirenti per la soluzione del caso, visto anche il clamore che la vicenda aveva prodotto nella popolazione.