Spesso si pensa che denunciare sia inutile, ma il caso di questa ragazza ridà fiducia ad un sistema che sembrava non funzionare.
In una sentenza che segna un precedente importante nella lotta contro il bullismo nelle scuole italiane, la Corte d’appello dell’Aquila ha condannato un istituto di Pescara al pagamento di un risarcimento di 60mila euro a favore di una giovane, Anna, vittima per anni di atti di bullismo durante la sua esperienza scolastica. La vicenda ha sollevato interrogativi sulla responsabilità delle istituzioni scolastiche nel prevenire e gestire situazioni di abuso tra studenti.
Anna racconta al Corriere della Sera gli anni del terrore vissuti tra i banchi di scuola, iniziati quando aveva solo 12 anni. Le parole dell’aguzzino suonavano come martelli: “Sei una ragazza sporca. Sei brutta, grassa”. Queste vessazioni si ripetevano quotidianamente in classe, durante la ricreazione e nei corridoi. Un incubo costante che l’ha portata a chiedersi cosa avesse fatto per meritare tale trattamento.
La svolta avviene quando Anna decide di rompere il silenzio. Dopo anni in cui sperava invano che le violenze verbali cessassero da sole, l’ennesimo insulto la spinge a reagire: getta i libri sul pavimento e corre dal preside per denunciare tutto. Una decisione difficile, presa nonostante il timore delle ritorsioni e del giudizio degli altri – anche dei suoi genitori – ma necessaria per porre fine alla sua sofferenza.
Uno degli aspetti più dolorosi della vicenda è stato l’atteggiamento degli insegnanti dell’istituto che hanno sistematicamente ignorato o minimizzato le segnalazioni fatte da Anna riguardo alle violenze subite. Nonostante qualche sporadico provvedimento disciplinare nei confronti del bullo – come una sospensione temporanea – gli abusi sono continuati indisturbati sotto gli occhi indifferenti del corpo docente.
Dopo otto lunghi anni trascorsi cercando giustizia attraverso le vie legali, finalmente arriva la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila: un risarcimento significativo che va oltre il mero aspetto economico. È un riconoscimento del dolore subito da Anna e della negligenza dimostrata dall’istituto nel proteggerla dal bullismo. Oggi Anna guarda al futuro con rinnovata speranza e invita chiunque sia vittima di bullismo a non avere paura e denunciare sempre gli abusi subiti.
La storia di Anna diventa così un messaggio forte rivolto alle scuole, agli insegnanti ma soprattutto agli studenti: è fondamentale parlare, denunciare ogni forma di violenza o sopruso affinché nessun altro debba soffrire in silenzio come lei ha fatto per anni. La sentenza rappresenta non solo una vittoria personale ma anche un passo avanti nella sensibilizzazione contro il fenomeno sempre più diffuso del bullismo nelle sue molteplici forme.