Gli altri tre imputati l’ex sub commissario, Giovanna Baraldi, e due tecnici dell’Agenzia nazionale per i servizi regionali, non hanno invece rinunciato al “beneficio” di legge e, dunque, per loro il processo è sostanzialmente concluso. Il non doversi procedere a carico di Baraldi e dei due tecnici sarà dichiarato soltanto al momento della sentenza.
Per Chiodi e Venturoni il processo, quindi, prosegue e, nel corso della prossima udienza, fissata dal Tribunale collegiale di Pescara per il prossimo 16 gennaio, salirà sul banco dei testimoni Luigi Pierangeli, imprenditore della sanità privata a capo del gruppo Synergo, dal cui esposto hanno preso il via le indagini. Il 31 gennaio invece saranno ascoltati altri testimoni. Nel mirino della procura c’è il ridimensionamento dei tetti di spesa relativi al 2010.
Secondo l’accusa, Chiodi, coinvolto in qualità di ex commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità, avrebbe fatto firmare alle cliniche private contratti di prestazione di assistenza ospedaliera, collegando la firma al pagamento dei crediti che le cliniche vantavano nei confronti della Regione.
Secondo l’accusa, l’ex presidente avrebbe fatto pressioni sulle cliniche per far firmare quei contratti e avrebbe tenuto un “generale atteggiamento ostruzionistico volto a non fornire i dati per procedere all’attuazione della metodologia utilizzata per realizzare i tetti di spesa”. A fronte dei tagli, alle cliniche sarebbe stato promesso un recupero attraverso incentivi legati alle cure di pazienti non abruzzesi.
Ma, secondo le cliniche Pierangeli e Spatocco, che sono parte civile nel processo, la promessa del recupero fatta da Chiodi e dalla Baraldi si sarebbe rivelata un “falso”. Le accuse, a vario titolo, sono falso, violenza privata e abuso d’ufficio.
Gianni Chiodi. “Non deve rimanere neanche un’ombra sull’opera di normalizzazione che abbiamo fatto, in termini anche etici, di quello che era il sistema perverso riguardante il rapporto tra sanità privata e amministrazione pubblica”. Così l’ex governatore abruzzese, Gianni Chiodi, motiva la sua decisione di rinunciare alla prescrizione relativamente al processo sui tetti di spesa delle cliniche private.
“So quello che è accaduto e – ha detto ai cronisti – so che in Abruzzo non si firmavano i contratti con le cliniche private. Io nel 2010 pretesi che quei contratti si facessero e da lì si è scatenato il finimondo”. Chiodi ha evidenziato che “l’azione svolta negli anni in cui sono stato presidente e commissario alla Sanità, per la normalizzazione in termini moralizzatrici del sistema della sanità privata, non poteva concludersi con un dubbio e se io avessi fatto ricorso alla prescrizione avrei potuto lasciare adito, a coloro che invece erano stati moralizzati, di poter dire che invece questa moralizzazione non era stata corretta”.
L’ex presidente della Giunta, infine, ha detto di avere “fiducia nella giustizia e nella magistratura giudicante” e ha sottolineato che, “poiché’ so di non avere fatto nulla che non fosse nell’interesse generale di un necessario risanamento economico, finanziario, giuridico e anche morale del sistema della sanità privata in Abruzzo, sono convinto che questa sia anche l’occasione per parlarne e per spiegare bene quali erano i vulnus e i problemi, che hanno originato certe scelte, poi convalidate dal Consiglio di Stato, e anche per sottolineare il giudizio incomprensibile della conclusione delle indagini preliminari, che hanno motivato la richiesta di rinvio a giudizio sulla base di varie sentenze che erano già state cassate, senza che se ne facesse menzione”.
Lanfranco Venturoni. “Credo possa essere l’occasione per consentire, sia ai magistrati che all’opinione pubblica, di conoscere quale è stata la storia della sanità in Abruzzo, soprattutto nei rapporti tra sanità privata e pubblica amministrazione, che hanno portato la Regione al disastro economico”. Cosi’ l’ex assessore regionale alla Sanità, Lanfranco Venturoni, motiva la sua decisione di rinunciare alla prescrizione relativamente al processo sui tetti di spesa delle cliniche private.
“Una persona che è sicura della propria innocenza e – ha aggiunto l’ex assessore – di non avere fatto nulla, non può che accettare il processo in maniera chiara, limpida e senza paura di dire come stanno le cose e, anzi, può essere l’occasione per chiarire meglio i rapporti tra le cliniche private e la Regione Abruzzo, a partire dal 1995, ovvero da quando ho iniziato il mio lavoro con una Commissione d’inchiesta sui rapporti tra case di cura private e Regione”.