La caratteristica di questo spazio è il fondale che raggiunge oltre 200 metri e che per questo è considerato uno dei rari ecosistemi di profondità del Mediterraneo ed una delle aree più importanti dell’Adriatico per la riproduzione e il recupero di molte specie ittiche, in particolare del nasello e dello scampo. Tale area è da tempo al centro di polemiche tra gli imprenditori del settore ittico e le associazioni ambientaliste e materia di discussione in numerosi tavoli istituzionali alla presenza di dirigenti del Ministero e delle Associazioni di categoria ed già stata in passato disciplinata da normative finalizzate a regolamentare i tempi e le modalità di pesca sia professionale che sportiva. L’ultimo Decreto, in vigore dal 1 settembre, ha aggiornato i confini dell’area e ha individuato tre zone distinte, caratterizzate da differenti restrizioni e divieti, e ciò assume una particolare importanza alla luce della ripresa dell’attività della pesca a strascico, prevista per il prossimo 9 ottobre.
Dal 28 agosto, infatti, nel tratto di mare Adriatico che va da San Benedetto a Termoli è in vigore il fermo pesca nazionale per tutelare le risorse ittiche nel periodo di riproduzione e che blocca le attività di pesca, in particolare con reti a strascico, reti divergenti e reti volanti per circa sei settimane e che terminerà proprio l’8 ottobre.
L’attività di vigilanza sul rispetto dei divieti previsti dal citato Decreto è garantita dalla Capitaneria di Porto di Pescara che dispone di tecnologie in grado di monitorare a distanza quell’area marina: dall’entrata in vigore del nuovo Decreto già due sono state le sanzioni amministrative, per una somma totale di 8.000 euro, elevate ad altrettante unità appartenenti a marinerie non abruzzesi che stavano effettuando la pesca con i palangari fissi in un’area interdetta a tali attrezzi secondo le nuove disposizioni ministeriali.