Ridisegnare i confini territoriali, con Teramo che si riprenderebbe una parte dei vecchi comuni ceduti in passato a Pescara (30 in tutto), per raggiungere quei parametri che al momento non le consentono di mantenere l’autonomia (2.500km2 e 350mila abitanti previsti dal decreto contro i 1.950 km2 e 312mila abitanti della provincia teramana). Tre province, dunque, L’Aquila, Teramo e Chieti, e Pescara città metropolitana. “Ci troviamo di fronte al solito pastrocchio all’italiana” ha detto Brucchi. “Perdere la Provincia significa dire addio a tutta una serie di servizi, dalla prefettura alla camera di commercio, fino ai comandi delle forze dell’ordine. Dobbiamo difendere la nostra storia tutti insieme, lasciando perdere i colori delle casacche, perchè a perdere saremo tutti”.
Una proposta in gran parte condivisa dai presenti, anche se diversi sono gli elementi emersi che potrebbero renderla poco attuabile. Anzitutto, bisognerebbe chiedere ai comuni pescaresi da “annettere” cosa ne pensano e fare i conti con il versante vibratiano sempre più intenzionato a lasciare Teramo per altri lidi. In sostanza, però, tra un intervento e l’altro in sala, tutti si sono mostrati uniti per il mantenimento dell’autonomia. E se così non dovesse essere? “Teramo non può essere l’unica provincia abruzzese ad essere svantaggiata” sostengono alcuni, Berardo Rabbuffo (Fli) in primis “quindi via tutte, si mantenga solo L’Aquila”. In buona sostanza, o tutte o nessuna! Alla fine, a pensarci bene, è proprio il punto che tutti i partiti avevano inserito nei loro programmi elettorali non molto tempo fa, quando l’abolizione delle province era sbandierata come simbolo del cambiamento di una classe politica disposta a rinunciare alle “vecchie” poltrone ed ai carrozzoni inutili. Salvo poi ricorrere al principio dell’incostituzionalità e cambiare il termine soppressione, poco conciliabile con la Carta, con il termine “riordino”, che sa tanto di elegante e soft.
“E’ vero che la storia va difesa” interviene il consigliere comunale di Futuro e Libertà Paolo Albi “ma una storia ce l’aveva anche il Sacro Romano Impero. E ora non c’è più. Teramo vuole essere figlia dei luoghi o figlia dei tempi? Dovremmo essere noi a dare il buon esempio e lanciare per primi l’idea di un’abolizione totale delle province”.
Ma c’è anche chi non disprezza l’annessione alla provincia de L’Aquila, “città con la quale condividiamo già un’autostrada” e chi profila l’ipotesi di ricorsi alla Corte Costituzionale o al Tar del Lazio.
Alla fine, a tirare le somme è il diretto interessato, Valter Catarra, attuale presidente della Provincia. “Questa proposta” ha detto “ha il merito di tenere unito il territorio. L’assunto da cui partire è che l’abolizione delle province non è una necessità assoluta nè la panacea di tutti i mali, in quanto non realizza alcun risparmio, comportando anzi una lievitazione dei costi stimata nell’ordine del 30, 40% nei prossimi sette anni, contraddicendo così l’impianto dell’articolo 17 della cosiddetta spending review. Non si tratta di una difesa aprioristica del fortino, qui sono in gioco gli interessi del territorio ed è chiaro che una seria revisione della spesa andava fatta con una riforma complessiva di tutto l’assetto istituzionale. Anche i criteri assunti per il riordino, di natura demografica e geografica, contraddicono palesemente la motivazione economica. Nell’attuale situazione, dobbiamo procedere con una proposta unitaria, dal punto di vista tecnico sicuramente perfettibile, ma che intanto ha il merito di rappresentare un punto di partenza che non penalizza i territori, per attivare nell’ambito del CAL le necessarie sinergie e arrivare ad un percorso condiviso”.
BRUNO DI PAOLO, VICE SINDACO COMUNE DI CHIETI. “L’allarme lanciato dal Presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio, sul rischio che Chieti diventi una città fantasma se venissero spostati gli Uffici e i servizi a seguito della perdita dello status di Capoluogo, deve essere raccolto da tutti gli Amministratori non solo della Città ma di tutta la Provincia. Un vero e proprio saccheggio nei confronti della Città di Chieti che si troverebbe ridotto alla stregua di un paesotto con danni non solo all’immagine ma anche e soprattutto all’economia già fortemente provata dalla crisi dell’area industriale e dallo svuotamento di strutture importanti e storiche. Non si tratta di campanilismo spicciolo bensì di una constatazione di fatto ed è per questo che ritengo da scartare a priori sia la proposta della grande Provincia Appenninico Adriatica che vedrebbe accorpate Chieti, Pescara e Teramo, sia l’accorpamento solo Chieti – Pescara perché in entrambi i casi ciò comporterebbe per i teatini la perdita del Capoluogo a favore della Città adriatica. Più ragionevole vedo la proposta di un accorpamento tra Pescara e Teramo come terza provincia abruzzese lasciando L’Aquila e Chieti autonome anche per non spostare troppo il baricentro economico dell’Abruzzo unicamente verso Pescara e soprattutto in ragione del fatto che sono le due Provincie a rispettare i criteri imposti dal ministero. Ai solerti politici di Pescara, che adducono a sostengo della loro tesi di grande Provincia il fatto che Pescara è baricentrica poiché sede di Uffici Regionali, vorrei ricordare loro che questa non buon essere una motivazione valida in quanto si tratta di un vantaggio che hanno già ottenuto e di cui godono da tempo con ripercussioni positive in termini occupazionali; un vantaggio che in parte è andato a discapito proprio della Città di Chieti che avrebbe dovuto avere di diritto l’Assessorato Regionale alla Cultura ma che, per ragioni inspiegabili e scellerate scelte politiche dell’epoca, non ha invece ottenuto! Senza considerare che nel corso degli anni l’idrovora Pescara ha cercato in tutti i modi di scippare spazio e immagine a Chieti ed alla sua Provincia”.
L’APPELLO DELL’UDC ABRUZZO. Un appello a tutte le forze politiche ed ai rappresentanti delle istituzioni affinchè si decida senza polemiche e senza divisioni. È quello che arriva dall’Udc abruzzese, che ieri a Pescara ha riunito i componenti dei Direttivi provinciali e gli amministratori locali per discutere e valutare le proposte da presentare all’incontro del Cal. Dal dibattito è emerso che bisogna utilizzare questo momento storico per riorganizzare il territorio regionale tenendo presente la necessità di ridurre costi che il Paese non può più sopportare. “Il riordino delle Province” ha detto Enrico Di Giuseppantonio “è un’occasione storica per fare scelte che vadano oltre gli interessi campanilistici e di parte. Naturalmente dovrà esserci l’unità di tutte le forze politiche ed istituzionali per giungere a una decisione che tenga in considerazione gli interessi dell’Abruzzo e degli abruzzesi”.
Marina Serra