In tutte le attività commerciali saranno, dunque, esposte delle locandine con la scritta “E se anche questa vetrina si spegnesse per sempre?”, per far conoscere ai cittadini le difficoltà vissute dal comparto additato, sempre più spesso, ma erroneamente, come quello nel quale avviene la maggiore quantità di evasione fiscale.
Una crisi che sembra penalizzare più degli altri queste aziende le quali tuttavia sono quelle che garantiscono il 70 per cento dell’occupazione privata e il 45 per cento della ricchezza prodotta in regione. Secondo una stima fatta proprio dalla Confesercenti regionale, in Abruzzo sono stare oltre 10.225 le aziende che nel corso del 2011 sono state costrette a chiudere la propria attività, mentre nel primo semestre del 2012 la stima prevista di cessazioni si aggira intorno alle 5mila unità. Basti pensare che solo nel teramano hanno già chiuso i battenti 9.292 attività e le previsioni parlano di un’ulteriore chiusura di 1300 aziende.
“Il 75 per cento delle aziende” si legge in una nota di Confesercenti “risulta in regola con gli studi di settore ma la nostra viene additata come una categoria di evasori fiscali con tanto di proprosta di black list. Ai nostri clienti, che spendono sempre meno, saremo costretti ad applicare l’Iva più alta d’Europa e le aziende turistiche saranno costrette ad aumentare le tariffe a causa di una tassa di soggiorno che le renderà meno competitive rispetto a destinazioni sempre più aggressive”.
Inoltre la Confesercenti Abruzzo contesta la presenza di aliquote regionali decisamente più elevate rispetto alle regioni limitrofe e teme che i Comuni, con l’applicazione dell’Imu, possano dare un definitivo colpo di grazia ad un settore già moribondo. Anche i rapporti con le banche che, nonostante gli aiuti di Stato non hanno ancora avviato una politica di sostegno alle piccole e medie imprese, non sono buoni visto che da parte degli istituti di credito c’è ancora molta difficoltà a garantire finanziamenti, dando una boccata di ossigeno alle imprese in difficoltà. Inoltre, la questione delle liberalizzazioni degli orari commerciali, potrebbe ulteriormente compromettere la già difficile sopravvivenza delle piccole realtà che non potrebbero reggere la concorrenza con i grandi centri commerciali, favorendo in questo modo solo la grande distribuzione e il definitivo ingresso dei grandi gruppi internazionali anche nei centri urbani.
“Alla politica lanciamo un messaggio forte: se chiudono le nostre imprese chiudono anche le nostre città” continua Confesercenti “l’Abruzzo non è una regione a vocazione prettamente industriale, e se quindi chiudono le piccole imprese, a chiudere sarà l’Abruzzo. Per questo bisogna ripartire dal basso e dai rapporti con le amministrazioni lòocali che sono chiamate in questi mesi a compiere scelte importanti come le aliquote sull’Imu. Daremo battaglia per evitare che i Comuni considerino le nostre imprese come un bancomat”. Politici avvisati.