Imprese abruzzesi allo stallo: tra rassegnazione e cauto ottimismo

confindustria_impreseUn clima di sfiducia in continuo aumento, rassegnazione, scarsa propensione agli investimenti. E’ questo lo stato d’animo delle aziende abruzzesi secondo l’indagine semestrale del Centro Studi di Confindustria.

I dati si riferiscono al secondo semestre 2010 e disegnano un quadro poco incoraggiante, caratterizzato da una situazione generale di stagnazione, da una grossa frenata degli investimenti e da un’occupazione ferma, con la città de L’Aquila che si conferma provincia trainante della economia industriale regionale, il crollo significativo delle province di Teramo e Pescara e Chieti che la fa da padrona nel settore dell’export.

Lo studio è stato presentato questa mattina nella sede di Confindustria Teramo, alla presenza, tra gli altri, degli assessori regionali Paolo Gatti (Lavoro) e Alfredo Castiglione (Sviluppo Economico) e del capogruppo del Pd al Consiglio Regionale Camillo D’Alessandro.

I valori sono indicativamente stazionari, dunque, anche se nelle previsioni del I semestre 2011 non sono attesi investimenti sui materiali: una voce segnata decisamente in rosso. A livello di settore merceologico, tuttavia, vanno evidenziate le attese commerciali positive del comparto tessile, abbigliamento, calzature e pelle ed il ritorno agli investimenti del settore Farmaceutico ed Elettronico.

“Le imprese non si lamentano più e questo è preoccupante” commenta Giuseppe Girolimetti, presidente dell’Ance Abruzzo. Il nostro settore (quello delle costruzioni, ndr) è in fortissima crisi ed al momento stiamo impegnando le risorse finanziarie degli anni precedenti. Dobbiamo avere il coraggio di fare delle scelte”. E, nonostante L’Aquila registri una situazione in controtendenza, nelle altre province abruzzesi si è registrato un crollo totale dei lavori pubblici, con gli appalti che si sono dimezzati del 50 per cento. “Servono politiche di innovazione” aggiunge Girolimetti “nella consapevolezza che il 2011 sarà ancora un anno di sacrifici. Confidiamo nel 2012”.

Una cosa è certa: il crollo che si verificato nel 2009 non sarà facilmente recuperato. Certo, “il fatturato cresce” spiega l’economista Giuseppe Mauro “ma siamo ben lontani dai tempi pre-crisi”. Quali, dunque, le proposte? “Serve innovazione” risponde Mauro “internazionalizzazione. Insomma, tutto ciò che serve a fare impresa ed a consolidare l’impresa”. Ma soprattutto, bisogna affrontare le due grandi criticità riscontrate dal settore produttivo abruzzese: l’elevata pressione fiscale e l’eccessiva burocrazia.

E mentre le industrie chiedono uno “scossone”, l’assessore regionale Paolo Gatti parla di “prudente ottimismo”. E’ chiaro che “per tornare al benessere ci vorrà qualche anno” dichiara “ma la nottata la stiamo passando. E’ una ripresa selettiva, lenta. Cosa si deve fare adesso? Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo adottato, a livello regionale, una terapia d’urto, costruendo politiche di prospettiva. L’Aquila è la prima in Italia per tasso di natalità d’impresa, ma anche Teramo e Pescara si piazzano all’ottavo e quattordicesimo posto. Con il progetto FareImpresa, poi, avremo almeno altre 200 nuove imprese. Sulla consolidazione delle imprese, poi, c’è da dire che molto è dato dal capitale umano, non solo dalle risorse finanziarie. L’innovazione si fa con la valigetta dei nostri saperi ed è per questo che stiamo lavorando sulla formazione, un settore un po’ incrostato. Finora in Abruzzo sono stati spesi 200milioni di euro in ammortizzatori sociali in deroga, che ci hanno consentito di tenere in piedi rapporti con circa 30mila lavoratori. Con questo cauto ottimismo dobbiamo andare avanti e continuare, sapendo di aver fatto quello che umanamente potevamo fare, guardando avanti e in prospettiva”.

Al cauto ottimismo di Paolo Gatti si contrappone, però, una opposta visione del capogruppo del Pd in Consiglio Regionale Camillo D’Alessandro, che descrive l’Abruzzo come una regione “ghiacciata” dagli effetti della crisi. “Dobbiamo abituarci a un’idea di Abruzzo diversa, quello che c’era non ci sarà più. E se non ci saranno nuovi investimenti, allora questa regione continuerà ad annaspare anche quando la crisi sarà finita. Qualche cerotto è stato messo, ma non si può andare avanti rincorrendo l’emergenza. Si deve programmare. E una buona programmazione deve essere unitaria e trasformata in azione”.

Impostazioni privacy