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Micro imprese e Fisco, tra i comuni abruzzesi bene L’Aquila, Spoltore e Lanciano

Pescara. Fatte le debite differenze, è come se fosse un 25 aprile. Solo che per le imprese abruzzesi, questa particolarissima “liberazione” avviene da un partner famelico e vorace: il Fisco. E’ il giorno – ribattezzato per l’occasione “Tax free day” in cui, secondo l’analisi del Centro studi nazionale della Cna, un piccolo imprenditore – che sia un artigiano o un commerciante – smette di lavorare per l’Erario ed inizia a produrre reddito per sé e la propria famiglia. A tagliare l’agognato traguardo, nell’analisi “Comune che vai Fisco che trovi” realizzata da Claudio Carpentieri – oltre ai quattro capoluoghi di provincia, sono stati analizzati i dati relativi ai due maggiori centri per ciascuna provincia, ovvero Avezzano, Sulmona, Lanciano, Vasto, Montesilvano, Spoltore, Roseto e Giulianova – i centri abruzzesi arrivano in date diverse, ma tutti nel mese di agosto.

Si delinea così, dopo sette mesi dall’inizio dell’anno, una speciale classifica tra chi liberi prima le tasche dell’impresa-contribuente dalle tenaglie del prelievo. Il calendario dice così che il 1° agosto i tre comuni più “virtuosi” sono Spoltore, L’Aquila e Lanciano, dove il monte-tasse incide per il 58,4% del reddito totale (il cosiddetto “total tax rate”, ovvero «la porzione di reddito che se ne va per le tasse» come ha spiegato lo stesso Carpentieri), con la conseguenza di poter lavorare per sé nei restanti 151 giorni dell’anno. Poi, via via, tutti gli altri centri: Teramo (3 agosto; 59%; 149); Vasto e Avezzano (5; 59,5%; 147); Chieti (9; 60,6%; 143); Giulianova (12; 61,4%; 140); Pescara (14; 61,9%; 138); Montesilvano (20; 63,6%; 132); Roseto (22; 64,2%; 130). Con Sulmona malinconico fanalino di coda: 23 agosto; 64,5% di “total tax rate” e appena 129 giorni di lavoro per la propria famiglia concessi ai micro imprenditori.

La differenza nelle date del calendario, è del tutto evidente, incide sul portafoglio più che sull’umore. Perché – e siamo al cuore dell’analisi di Carpentieri – dati identici parametri (ricavi per 431mila euro l’anno; costi del personale stimati a 165mila per quattro operai e un impiegato; costo del venduto fissato a 160mila euro; altri costi ed ammortamenti pari a 56mila euro; reddito di impresa calcolato in 50mila euro; superficie fissata in 350 metri quadrati per un laboratorio artigiano, in 175 per un negozio) succede che mentre a Spoltore il reddito netto disponibile finisce per ammontare a 20mila 797 euro, nella città di Ovidio si abbassi a 17mila 906, con tutti gli altri centri a navigare tra i due poli.

Ma quali voci compongono l’indigesto paniere di tasse messo a punto dallo studio della Cna? Tutte quelle che gravano sui conti di una impresa, che il balzello sia nazionale, regionale o comunale, che concerna i servizi o l’imposta sul reddito, le addizionali locali o lo smaltimento dei rifiuti: dunque, in un vortice di sigle (tutte tristemente famose all’orecchio del contribuente), Imu e Tasi, Tari e Irap, Ivs e Irpef, addizionali regionali e comunali. Insomma, stesso criterio di indagine, ma esiti diversi per le tasche.