Secondo questa ricerca, promossa dall’assessorato all’Ambiente e presentata questa mattina nella sede del Museo delle Genti d’Abruzzo a Pescara, le percentuali di aree a rischio oscillano tra il 25 e il 35%, in uno scenario previsionale di minima e massima probabilità, che vede appunto un innalzamento delle acque tra i 18 cm (nel primo caso) ed i 59 cm (nel secondo caso).
I relatori hanno illustrato le tecniche utilizzate per lo studio del comportamento del mare abruzzese, attraverso il carotaggio effettuato in quattro diverse aree, che sono Pescara, Giulianova, Alba Adriatica e la foce del Sangro.
Attraverso l’analisi dei reperti fossili rinvenuti, si è riusciti ad ottenere informazioni relative al livello del mare fino a 10mila anni, grazie alle quali è possibile ipotizzare una dinamica marina per i prossimi cento anni. La variazione è stata messa a confronto con i movimenti tettonici, i cui tassi di sollevamento variano nel tempo con valori prossimi allo zero, e con il parametro glacio-idro-isostasia, relativo ai cambiamenti dovuti all’espansione o al ritiro delle coltri glaciali.
“La Regione Abruzzo” ha detto l’assessore regionale all’Ambiente Daniela Stati “è considerata a livello nazionale un laboratorio sulle questioni della dinamica marina, grazie anche alla collaborazione con l’Enea. La volontà di voler conoscere la vulnerabilità del nostro territorio è legata alla necessità di fornire strumenti programmatici che favoriscano il cambiamento climatico senza intralciarlo e senza provocare dannose ricadute sull’assetto socio- economico. I tecnici hanno fatto il loro mestiere fornendoci questo studio, ora tocca alla politica trovare i finanziamenti per intervenire con atti concreti. In questo senso, abbiamo aperto un canale con il ministero dell’Ambiente”.