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Associazione Radix Unica per i diritti degli ultimi

Chieti. L’associazione “Radix unica per i diritti degli ultimi” è nata coma logica conseguenza dell’esperienza pluriennale che alcuni componenti hanno nel “vissuto” personale, che è di tutto rispetto nel campo dei disabili, dei loro diritti e della legislazione europea nella specifica materia.

Circa due anni, fa attorno a queste poche persone, si è formato un comitato costituito da circa 300 iscritti per la salvaguardia dei pazienti disabili dell’istituto Maristella di Chieti, che hanno lottato contro la politica regionale, ma anche contro le istituzioni deputate al controllo delle strutture.

“Queste istituzioni – ha spiegato il presidente dell’associazione, Giuseppe Spadavecchia – invece di difendere i diritti dei disabili, hanno pensato bene di risolvere in maniera spiccia la situazione, incancrenita da anni,disperdendo i disabili fra le montagne abruzzesi. L’associazione ‘Radix unica per i diritti degli ultimi’ non è una associazione come le altre costituite esclusivamente da parenti di disabili, ma si propone un orizzonte di intervento molto più ampio e desidera essere formata anche da persone non coinvolte direttamente,che però sentono le problematiche delle persone indifese ed abbandonate. Ciò è ben specificato nell’atto costitutivo dell’associazione dove uno dei punti da attuare è proprio la preparazione civica delle coscienze per sensibilizzarle alle problematiche di cui sopra e soprattutto verso gli ultimi e i senza voce. Questo impegno ad essere un ‘osservatorio’ attento delle situazioni sul campo e ad essere un pungolo propositivo alla politica sociale e sanitaria della regione Abruzzo, spinge l’Associazione, da subito, sin dalla prima volta che si presenta pubblicamente, ad intervenire su una questione ‘calda’ che ha coinvolto la giunta regionale e l’assessorato alla Sanità, e cioè sulla quota di compartecipazione da parte dei disabili psico-fisici in regime residenziale e semi-residenziale. Dalla sintesi della bozza del disciplinare del 29.09.2014 che fa riferimento ad un D.P.C.M. del 14.02.2011 e ad un D.P.C.M. del 29.11.2001 (definizione dei livelli essenziali di assistenza)si evince che ogni disabile deve partecipare al costo della sua permanenza presso una struttura accreditata per una somma giornaliera di circa 25 euro, che nel mese è di circa 750/780 euro. Trattasi di una norma nazionale che la precedente giunta Chiodi si è guadata bene dall’applicare, differendo,non risolvendo. I politici della giunta Chiodi, che adesso nel Consiglio regionale si ergono a paladini dei disabili, hanno di, fatto, con il loro comportamento negli anni passati impedito, utilizzando decreti su decreti, che i diritti dei più deboli, e ci si riferisce ai pazienti del Maristella, venissero rispettati, permettendo ,alla fine, che questi ragazzi venissero sistemati in luoghi impervi dell’Abruzzo, isolati senza alcun collegamento e,soprattutto,senza strutture sanitarie di supporto accessibili. Ora, purtroppo, con grande meraviglia la nuova giunta D’Alfonso,fra i primi provvedimenti assunti nell’ambito sanitario,ha decretato l’attivazione della compartecipazione alla spesa da parte dei disabili, così come previsto dalle norme citate. L’associazione vuole mettere in chiaro immediatamente che ,almeno per ora, non mette in discussione la legittimità di questa compartecipazione, anche se questa sembra particolarmente onerosa, visto che i disabili degli istituti non sono figli di papà ma di povera gente, ma pretende dall’attuale amministrazione regionale dei chiarimenti sollecitando anche a trovare altre strade che possano alleggerire il disagio dei disabili. Noi conosciamo, ma ci sono tanti altri, in primis politici e operatori che dovrebbero sapere perfettamente il modo attraverso il quale, in tanti, troppi decreti, si è cercato di definire, autorizzando, non accreditando, come dovrebbe essere normale e legittimo, la galassia delle strutture, essenzialmente private, che dovrebbero ‘tutelare’ questi pazienti, non clienti! Se un parente o un tutore deve versare una così ingente somma mensile per il proprio congiunto disabile, è lecito chiedere“in primis” chi certifica che la prestazione socio-sanitaria sia conforme e ‘congrua’ rispetto a quanto viene pagato? Si è certi che gli istituti abbiano il personale previsto dalle convenzioni e adatto alle esigenze richieste e, soprattutto, presente sempre nell’arco della settimana? Si è sicuro che tutti gli istituti siano a norma, secondo la legge 32 del 2007? Si è sicuri che tutti i disabili abbiano le stesse possibilità ambientali e siano inseriti,come contemplato dai presupposti di corretta cura, in ambito urbano e facilmente raggiungibili? Solo dopo aver accertato tutto questo si poteva affrontare il problema del governo che decide a Roma. Si è detto e si dice, a destra, a sinistra e al centro,che queste misure sono obbligate, per consentire l’uscita dal commissariamento. Ci permettiamo di dissentire, anche perchè l’unica possibile via di uscita, e questo è possibile dal 2010 -legge di stabilità-, è un nuovo piano di rientro come presupposto di un nuovo piano sanitario, scritto non dai tecnici, ma dalla politica. Ma un tale piano potrebbe creare dei seri problemi di immagine e di consenso che nessuno sia della vecchia gestione regionale sia della nuova ha il coraggio di assumere? A parere dell’Associazione si è partiti dalla fine del discorso, quello più semplice, far pagare i disabili, e non mettere in campo un serio piano di rientro del debito ovvero di riconvertire le strutture e di controllare le prestazioni offerte ai disabili. E’ vero che, come riferito dagli organi di stampa in questi giorni, l’introduzione della compartecipazione ha determinato lo sblocco di circa 40milioni di euro da parte del governo, a vantaggio della nuova amministrazione della regione Abruzzo, ma questo appartiene ad una logica di controllo della politica sanitaria da parte del governo che non è più accettabile”.

“Il pur encomiabile tentativo dell’Assessore Paolucci (a proposito, qual’ è l’organigramma decisionale in sanità?) – conclude Spadavecchia – rischia di incontrare serie difficoltà sul piano operativo. I due ostacoli fondamentali possono essere, da un lato il Governo, dall’altro i meccanismi di trasferimento delle somme stanziate”.