Non si può che esprimere apprezzamento per il progetto “Bike-to-coast” della Regione Abruzzo, pubblicamente presentato alcuni giorni fa nella cornice dell’ex Aurum di Pescara, con un evento mediatico di spessore e alla presenza delle più alte cariche amministrative provinciali e regionali. La realizzazione del tratto abruzzese della ciclovia adriatica trova a quanto pare e finalmente una concreta sponda istituzionale, la più importante. E da quanto annunciato anche la più concreta, viste le risorse messe a disposizione. Non possiamo che rallegrarcene. Ovviamente compito di una associazione come la nostra è controllare e verificare, segnalare, ricordare, e sicuramente sostenere anche “tavoli di monitoraggio”. Tutto bene, quindi? Da consumatori a due ruote di vie e strade abbiamo ovviamente alcune cose da aggiungere.
Va bene usare toni alti circa l’intervento che si intende mettere in atto, ma il tutto viene poi ridimensionato dal fatto che dalle nostre parti una così sfrenata cultura del sostegno al trasporto, si badi bene, trasporto, su due ruote non è proprio, o se vogliamo, non è ancora di casa. Quello che è stato presentato é intanto un progetto “turistico”; il che di per se nulla toglie alla bontà dell’opera, ma ci piacerebbe che facesse tanto il paio con una pratica pianificatoria più aderente alle necessità locali di mobilità leggera e sostenibile, ad oggi assolutamente carente. Quando si dice locale si intende delle singole realtà urbane, che sono i luoghi principali della domanda di una ordinaria nuova mobilità, oggi ancora totalmente soddisfatta dalle automobili. È non c’è traccia di cambiamenti di rotta, nonostante la recente legge regionale, la n. 8 del 3 aprile scoro, e gli intenti dichiarati circa gli obiettivi di “garantire lo sviluppo in sicurezza dell’uso della bicicletta sia in ambito urbano che extraurbano” (art. 1). La pratica “ordinaria”, come appena detto, di mobilità ciclistica rimanda ad una realtà ben diversa da quanto prospettato dallo scenario “Bike to coast”, fatta di opere non realizzate, e se costruite poi abbandonate, di annunci e di ritardi, e anche e forse soprattutto di scarsa convinzione e consapevolezza. Diversamente da come avviene nei paesi europei citati come esempi da imitare, la tensione pianificatoria pubblica dalle nostre parti è ancora troppo timida, mentre la domanda di nuova mobilità è enorme. Basta girare in bicicletta, ripeto, “basta girare in bicicletta” per le vie delle città: in alcuni momenti della giornata c’è un pullulare straordinario di mezzi a due ruote che si destreggiano tra le altrettante numerose e automobili. Le sfilate di alta moda sono eventi mediatici di grande richiamo e grande fascino espositivo, durante le quali si presentano l’eccellenza dell’abbigliamento, le tendenze, le nuove prospettive, i nuovi scenari. Sappiamo che dietro tutto questo c’è un tessuto economico e produttivo di rilevanti dimensioni. Ecco, la stessa cosa ci piacerebbe pensare per l’evento mediatico di presentazione di “Bike to coast”, una grande vetrina oltre la quale gli annunci e le promesse si portano dietro e trascinano fatti concreti in tempi certi. Ci piacerebbe che le suggestioni e le emozioni della passerella contaminassero da subito le capacità organizzative, progettuali e gestionali delle realtà locali, e che “Bike to coast” dal mare invadesse il retro terra fino a permeare di buone pratiche sostenibili anche il tessuto viario urbano delle nostre città. Quello che ad oggi i ciclisti vedono intorno a loro non dice il contrario, ma dice ancora troppo poco o nulla di questa prospettiva.
Buon lavoro.
Giancarlo Odoardi – Presidente