Credo di essere stato già abbastanza chiaro in conferenza stampa. C’è da capire in che modo, con quali occhi il Teramo Basket viene visto dalle istituzioni. Mi riferisco soprattutto alla Provincia, che non ci sostiene da quattro anni e alla Regione, con cui c’era un accordo ben specifico risalente ad una legge del 2001. Noi continuiamo ad adempiere ai nostri “doveri”, portando lo stemma regionale sul petto nei palazzetti nazionali ed internazionali, mentre la Regione sembra non avere alcun interesse nei nostri riguardi. Non si tratta, dunque, soltanto di questioni relative ai finanziamenti.
Eppure le dichiarazioni di molti politici si sono concentrate sui numeri…
Non era questo il messaggio che io volevo dare. Non si sta parlando di fondi, di elemosine o di erogazioni. È un discorso più ampio, un discorso di tipo commerciale. Parliamo, in altre parole, di marketing territoriale. Metterla, invece, esclusivamente sul piano economico è avvilente, è una polemica sterile che a noi non dà niente. Il Teramo Basket non vuol essere colui che divide, ma colui che unisce. E proprio questo era il senso del mio messaggio: capire, cioè, se la Banca Tercas Teramo fosse intesa come “volano” d’Abruzzo in ambito internazionale.
L’occasione era stata offerta su un piatto d’argento con l’arrivo dei biancorossi in Eurocup. Qual è il bilancio di questa esperienza?
Sicuramente positivo, perché siamo entrati per la prima volta in un contesto unico. Abbiamo affrontato dignitosamente grandi squadre, riportando a casa anche buoni risultati. E siamo ancora in lizza. È una sensazione straordinaria. Giocare, ad esempio, sul parquet del palazzetto di Berlino, davanti a 10mila spettatori, ti fa capire che sei arrivato davvero a buon punto. E, in tutto questo, abbiamo sempre avuto il calore dei nostri tifosi, che hanno viaggiato con noi.
Come sta andando, invece, il campionato italiano finora?
Direi bene. Siamo sesti in classifica e la squadra sembra aver trovato il suo equilibrio dopo un inizio un po’ sfortunato, costellato da infortuni. Dopo la partenza, abbiamo fatto due ottimi acquisti e ci siamo, pertanto, completati. Ad ogni modo, non credo che l’aspetto importante sia dato dalla posizione occupata in classifica. Non si deve, cioè, pensare che si è migliorati perché si è giunti al secondo posto. O che si è meno bravi, perché magari si è tra le ultime posizioni.
A proposito di “incidenti di percorso”, cos’è successo a James Thomas?
Con Thomas, purtroppo, non si è raggiunti la sinergia che credevamo fosse possibile. Ci sono stati alcuni screzi, soprattutto di tipo fisico, che hanno interrotto il suo percorso già agli inizi della stagione. Poi le cose non si sono evolute come credevamo. E a giorni procederemo, pertanto, alla rescissione del contratto.
Quanto c’è di Carlo Antonetti nel successo del Teramo Basket?
In realtà, è un successo dovuto a tanti. Ai miei compagni di viaggio Tonino Biancacci e Lino Pellecchia, ad esempio. Ma anche all’avvocato Lino Nisii e all’interesse del direttore generale della Tercas, Antonio Di Matteo. Poi, sa, è un po’ complicato, perché io amo particolarmente questo sport, ci gioco da quando ero ragazzo. E la società è stata creata da mio fratello Paolo, perciò, se non è proprio una storia da libro “Cuore”, sicuramente è la storia di un grande amore. Io ho tre figli: posso dire, senza dubbio, che il Teramo Basket è il quarto di questi. Una creatura da amare e da curare, incondizionatamente.
Tania Di Simone