Stavolta “non si bada a spese”. Eccovi tre film stupendi. Direi, VeryGoodTimes.
Buona visione.
Voto: 9 “EQUILIBRIUM”
( di Kurt Wimmer con Christian Bale, Sean Bean, Emily Watson, Taye Diggs, Angus Macfadyen, William Fichtner 2002 )
“Ma io che sono povero ho solo i miei sogni, ed i i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi. Cammina leggera, perché cammini sopra i miei sogni” W.B. Yeats
E’ possibile coniugare un eccellente film d’azione, con delle sbalorditive interpretazioni, in una storia profondamente emozionante?
Intenso, ben scritto, curato, sicuramente uno dei più clamorosi casi di sottovalutazione nella recente era cinematografica, Equilibrium ci fece scoprire il vero Christian Bale, ai tempi tristemente reduce da American Psycho (4,5) e da Reign Of Fire (6), ed un intreccio avvincente condito ad azione e redenzione che, al di fuori di alcuni elementi scenici, nulla aveva a che fare con Fahrenheit 451, del quale ci si ostinava a definirlo “rifacimento”.
Sia per le qualità del celeberrimo lavoro del maestro della Novelle Vague, sia per il criminoso additare la pellicola da parte dei puristi sentitesi chiamati in causa,
questo film si è ritrovato ad essere Cult solo per una determinata scena underground, mentre avrebbe dovuto esserlo per un odiens di gran lunga più ampio.
Si, perché la grandissima ombra, calata a celare le indiscutibili doti della pellicola di Kurt Wimmer, è stata quella dell’immortale Francois Truffaut. E con un peso simile, avrebbe arrancato chiunque.
La differenza sta in un punto, semplice, perché dovreste sapere oramai che pur parlando di argomenti “alti” quali le arti, il mio approccio è spesso elementare. Ho visto “Farhenheit 451” (8) due volte e, rimanendo su Truffaut, “I 400 colpi” (9) addirittura tre volte; Equilibrium l’ho visto quindici volte e lo doppio in due lingue. E continua a non stancarmi, continua ad avvolgermi. Anche l’uscita di Matrix (7,5), tre anni prima, non lo ha aiutato di certo ma, al di là dell’enorme impatto mediatico, la pellicola dei Wachowski Bros ne risulta nettamente surclassata.
Il cinema può e deve essere emozione, emancipazione, intuizione; dovrebbe rivestire tutte queste molteplici sfaccettature è vero. Ma ne manca una, basilare: il cinema deve essere intrattenimento, entertainment a fare gli americanacci.
E se una pellicola riesce ad emozionare e ad intrattenere, a coinvolgere e a far riflettere, be’ signori, questo è un film…ed io aspetterò impaziente i vostri “Reati d’emozione”.
Voto: 9 “L’ ODIO”
(di Mathieu Kassovitz con Vincent Cassel, Saïd Taghmaoui, Houbert Koundè – 1995)
“Questa è la storia di un uomo che precipita dall’ultimo piano di un palazzo. E ad ogni piano, per farsi coraggio, si ripete –Fin qui tutto bene, fin qui tutto bene, fin qui… tutto bene- Il problema non è la caduta, è l’atterraggio”
Periferia Parigina, tre ragazzi, sbandati, amici, partecipano alle rivolte scatenatesi dopo la semi-uccisione, da parte dei poliziotti, di un giovane della Banlieu. Il problema, uno dei problemi direi, inizia ad assumere brutte sfumature quando Vinz (Cassel) entra in possesso della pistola d’ordinanza di uno degli “sbirri”, a dirla come loro, chiamato a sedare i numerosi focolai di rivolta.
L’Odio (La Haine) è un raro fiore sbocciato grazie all’indiscutibile e cristallino talento dell’allora venticinquenne Mathieu Kassovitz ( giusto perchè possiate inquadrarlo, è il ragazzo di Ameliè ne “Il Favoloso Mondo di Ameliè” (8) ) e rudemente interpretato dai giovanissimi Vincent Cassel e Said Taghmaoui, entrambi destinati ad ottime e luminose carriere.
Il bianco e nero che taglia e non ricuce strappi d’animo e d’intolleranza famelicamente applicati a quel poster ideale e immaginario che ha per sfondo la torre Eiffel e i campi Elisi, sfocati, annebbiati, se visti dal lontano dei quartieri sbagliati, disegna una storia che lacera coscienze e risveglia i grigiori che abitano le nostre anime; la zona d’ombra che spesso ignoriamo è lì, pronta al risveglio, perchè “L’Odio, genera Odio”.
Voto: 9 “EVILENKO”
( di David Grieco con Sir Malcom McDowell, Marton Csokas – 2004)
Per continuità ed ordine nell’esposizione non avrei dovuto sottolineare un attore. Il problema è che quel signore lì non è semplicemente un attore. E’ un artista; è l’interpretazione che costruisce un film, e non il contrario.
Io non credo che Alex DeLarge abbia bisogno di troppe presentazioni. “Il vostro affezionatissimo Drugo” , però, qui sembrerebbe un agnellino, al cospetto del più feroce, sanguinario e aberrante serial killer della storia. Andrei Romanovich Chikatilo, il mostro di Rostov. 53 morti (tra gli accertati), per lo più donne e bambini. Violentati, uccisi e, in buona parte, mangiati.
Malcom McDowell è incredibile, forse ancor meglio che in Arancia Meccanica ( ovviamente, 10). Elargisce brividi e sguardi di morte, posture maniacalmente studiate fuse a movimenti cadenzati atti al permanere di quell’ aura di ghiaccio e sangue in ogni inquadratura, in ogni frame. Il dottor Hannibal Lecter porgerebbe le sue scuse e sposerebbe il vegetarismo.
Forse il voto, riferito alla mera pellicola tirata su in maniera ordinata da Grieco, sarebbe un 7.
Capodrugo porta due voti, da solo, o meglio, con il suo spaventoso, innato e magnifico talento. Yes Sir.
AllTheBest
Ivan Cesare Caponi