Intervista a Guido Strappelli e Massimiliano Cori, memorie di 40 anni di enologia abruzzese

In 35 anni di attività come enotecario, ho avuto rapporti commerciali con molti viticoltori abruzzesi ma solo con due c’è stata un’intesa a livello umano che è andata ben oltre gli interessi professionali.

Sono entrambi vibratiani cioè la sottozona d’eccezione del montepulciano d’abruzzo in quanto luogo ove nel lontano 1964  fu isolato il clone originario denominato R7!

Sono proprio loro a dirmi ciò precisando che il tutto avvenne presso l’azienda vitivinicola di un loro collega e vicino cioè Barone Cornacchia di Torano Nuovo; Guido Strappelli, classe 1964 e Massimiliano Cori classe 1973 sono coloro che identifico vignaioli che non sono scesi mai a compromessi con le illogiche di mercato, che vivono la vigna e in vigna che hanno avuto enormi difficoltà all’inizio delle loro attività superandole con la “testadura” degli abruzzesi.

Sono vignaioli integralisti e, rispetto ai nuovi “imprenditori” del vino che non hanno mai messo piede in vigna, hanno storie ed aneddoti da raccontare essendo nati nella realtà rurale in anni in cui si tirava a campare e bisognava inventarsi qualcosa per cambiare il decorso “post-borbonico”!

La “scintilla” che ha dato vita a quest’incontro è stata l’affermazione di un mio cliente di Milano la scorsa estate “Certo che il montepulciano è stata una bella scoperta, sono già 4-5 anni che se ne parla nei ristoranti ed enoteche di Milano”!

Appena ascoltata quest’affermazione, Guido e Max sono sbottati in una risata seguita da una secca replica ” ma sono più di cinquant’anni che imbottigliamo montepulciano d’abruzzo”!

Guido Strappelli nasce nel 1964 “in vigna” dove suo padre Salvatore, come tutti i viticoltori della zona, vende uva da taglio alle grandi aziende vitivinicole del nord-Italia a prezzi da fame; quante etichette illustri del nord dell’epoca contenessero buone percentuali di montepulciano oramai è storia per una zona di confine “usata” dal regno Borbone solo come punto strategico di osservazione del nemico (Colonnella) e base logistica (fortezza di Civitella del Tronto).

All’inizio degli anni ’80, racconta Guido, nacque la cantina sociale Torri a Torano che diede una preziosa svolta ai piccoli viticoltori della zona in termini di remunerazione e considerazione professionale; purtroppo errori di gestione la fecero capitolare coinvolgendo tutti tranne Camillo Montori e Barone Cornacchia che, fiutando il pericolo, ne uscirono in tempo rendendosi indipendenti!

Nel 1987 l’azienda Strappelli inizia a produrre in proprio vendendo anche l’uva in cassetta (ben pagata) molto richiesta nella zona di Sondrio ed iniziano anche i primi esperimenti sulla coltivazione eco sostenibile artigianale che getteranno le basi per chi verrà nei decenni successivi;

Guido capisce che non è la peronospora il problema della sua vigna bensì l’oidio quindi varia la percentuale dei trattamenti a favore dello zolfo e diminuendo il rame inoltre comprende come la fermentazione spontanea (utilizzare solo i lieviti dell’uva  ovvero lieviti di cantina) sia enormemente influenzata dall’ambiente circostante la cantina (flora, insetti, microrganisni, venti, percentuale d’umidità) e come risulti fondamentale per avere vini autentici (di terroir) e non di moda!

“L’UOMO E’ USCITO DAL BINARIO PER ESIGENZE COMMERCIALI adeguandosi alle mode del mercato invece di osservare e comprendere la propria vigna in modo da studiare la tipologia di vinificazione più idonea al tipo di uva che ha”!

Entrambi affermano che in Val Vibrata si potrebbe parlare di viticoltura storica dato che il clone originario R7 fu scovato nella vigna dell’azienda Barone Cornacchia a Torano (limitrofa con i vigneti di Strappelli) nel 1964 ma la mancanza di unità dei piccoli viticoltori locali e l’atteggiamento di superiorità delle allora grandi cantine della zona ha impedito che ciò avvenisse!

Alla domanda su cosa consiglierebbe ad un giovane viticoltore che, fresco di laurea in enologia voglia diventare vignaiolo, Guido risponde che se lo vuol fare per lucrare e basta è in ritardo in quanto “quel mercato” è saturo ma se nutre amore per la propria terra con la voglia di vivere la vigna con i suoi profumi. colori, gioie e dolori, lo deve fare mettendo in conto che agli inizi soffrirà a livello economico; un vero vignaiolo capisce che la vigna ha un problema prima che si manifesti un po come un genitore attento capisce che il proprio bimbo ha la febbre prima di misurargliela!

Guido ha scelto di continuare a vivere in vigna (ha proprio la casa in vigna) e di fare il vignaiolo h24 giorni di festa inclusi coinvolgendo i suoi tre figli oltre alle vulcaniche Berardina (moglie) e Teresa (cognata) ed i risultati gli stanno dando ragione!
Massimiliano Cori, origini familiari in vigna sempre a Torano ma in una zona diversa da quella di Guido esattamente in contrada Colleforca con un suggestivo affaccio sulla Val Tronto e con un vento sempre presente “spazzino” della vigna ma anche con una marcata esposizione alle intemperie in arrivo da nord che gli hanno fatto saltare diverse vendemmie; già, perchè lui le “salta” al contrario di molte altre aziende della zona che “correggono”, ” aggiustano” per non saltare neanche un’annata delle loro riserve! il 2009 ne fu un eclatante esempio, annata tragica dove ne Guido ne Max uscirono in bottiglia mentre gli altri……..!

Max è un “puro” forse troppo ma è un appassionato di vini avendo intrapreso il percorso inverso a quello di Guido(che Max definisce un pioniere dicendola lunga sulla loro reciproca stima) iniziando dalla vendita per conto di una grande azienda distributrice di vini ed alcolici; esperto conoscitore di vini francesi, alla cieca è quasi imbattibile e mi “bastona” spesso durante le nostre degustazioni!

L’azienda vitivinicola Tenuta Torretta produce il primo vino in proprio nella vendemmia 2001 (quindi 14 anni dopo Guido) provenendo anch’essa dal conferimento di uva alle cantine sociali che Max definisce “guerra dei poveri” dato il continuo ribasso dei prezzi in un’epoca in cui contava la quantità; come Guido, Max inizia ad effettuare esperimenti per una viticoltura il più naturale possibile usando come “medicine” per la vigna il bicarbonato, il latte in polvere(rimedio che funzionava ma era troppo costoso) ed addirittura il tabacco macerato.

I risultati furono incoraggianti ma non trovarono interesse da parte dei colleghi ed autorità preposte in quanto era più “economico” utilizzare la chimica quindi decise di andare avanti da solo ed oggi è il “cane sciolto” che conosciamo volto a produrre vini autentici da annate tipiche  nel bene e nel meno bene; “è la quantità che stressa la vigna a tal punto che oggi l’annata perfetta si ha ogni 15 anni” e per produrre un vino biodinamico o naturale bisogna creare uno strato di humus (strato di terra che va dal suolo fino a 10-20 cm in profondità) che sia ricco di sostanze nutrienti e rigeneranti per la vite e di microrganismi che ne permettano il ciclo continuo di vita creando anche uno sbarramento contro il cambiamento climatico esterno insomma una specie di “area protetta” per la radice della vite!

Per Max una vigna sana ha molte possibilità di adeguarsi al cambiamento climatico tramite il suolo e sottosuolo; sono venti anni che Max si ostina a far ciò a volte con belle soddisfazioni (non economiche in quanto produce poche bottiglie a prezzo umano) ed altre con delusioni che lo “piegano” ma non lo “spezzano” fiero qual’è di poggiare sulle proprie ginocchia e della propria dignità di “figlio della vigna”!

Ai giovani che intendono intraprendere questo lavoro conferma che bisogna aver vissuto in vigna fin da ragazzi perchè il vino si fa in vigna non in cantina; in un momento in cui il consumatore si è fatto circuire dalle mode, prosegue Max, c’è bisogno di maggior tipicità quindi identità micro-territoriali che diano alla luce vini diversi creando e valorizzando diverse sottozone perchè la composizione del suolo e sottosuolo può variare anche in poche centinaia di metri o addirittura tra aziende limitrofe figuriamoci tra paese e paese ma le cantine che fanno numeri alti della zona sono sordi a questi appelli di un vignaiolo idealista forse nato nel posto sbagliato!

Nonostante il 2019 non sia stata affatto un’annata brutta, Max imbottiglierà solo il 50% della sua produzione ma, come dice spesso, la miglior soddisfazione sarà degustare “l’altro” 50% osservando dall’alto della sua casa colonica i propri vigneti con sullo sfondo mare e monti di una terra infinita!

Un ringraziamento a Guido e Massimiliano, persone genuine che in 4 ore di chiacchiere (favorite anche dalla degustazione di un bel cognac della mia riserva privata) hanno aperto i “cancelli” dei loro ricordi donandomi un sapere a cui mai avrei potuto accedere.

Stefano Grilli – enoteca Saraullo – Tortoreto (TE)
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