La maggioranza di centrodestra in Consiglio Regionale ha respinto la risoluzione presentata dal Consigliere e Vice Capogruppo Regionale del Pd, Dino Pepe dal titolo “Misure urgenti a sostegno della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA) di Teramo” nella quale si impegnava l’intero Consiglio a sostenere la richiesta di sospensiva dell’accorpamento invocata, a gran voce, da tutto il territorio teramano e, in particolare, dalle istituzioni, dalle associazioni, dal mondo dell’impresa e dalla politica tutta che, con sostegno bipartisan, chiedeva un intervento volto a sospendere la fusione delle Camere di Commercio di Teramo e L’Aquila.
“Quanto accaduto in Consiglio Regionale è di una gravità inaudita e dimostra la scarsa considerazione che questa maggioranza ha nei confronti del territorio teramano tutto e delle sue istanze” sottolinea il Vice Capogruppo Regionale del Pd, Dino Pepe. “Ancora più grave è l’atteggiamento dei quattro consiglieri teramani di centrodestra, a partire dal Capogruppo della Lega in Regione, Pietro Quaresimale, seguito dai suoi consiglieri Emiliano Di Matteo e Tony Di Gianvittorio fino al forzista Umberto D’Annuntiis che, in aula, non hanno speso una sola parola a difesa di Teramo e dei suoi interessi ed anzi, in barba agli accordi presi, hanno “chinato la testa” e votato contro Teramo, i teramani e le istanze legittime presentate da un intero territorio, compresi gli amministratori della loro area politica, tra cui il Presidente della Provincia, Diego Di Bonaventura, tra i primi a metterci la faccia in questa battaglia”.
“Senza parole lascia poi l’atteggiamento del Presidente della III° Commissione Consiliare, Emiliano Di Matteo, che nel corso della riunione dello scorso 11 luglio aveva chiesto di rinviare la discussione della risoluzione al Consiglio Regionale del 23 luglio impegnandosi in prima persona, come si può evincere dai verbali di quella Commissione, a sottoscrivere il documento assieme ai Consiglieri teramani di maggioranza, tanto che io mi ero impegnato ad accogliere le modifiche da loro richieste, promessa non mantenuta oggi in aula dove lui, assieme agli altri consiglieri teramani, ha dovuto chinare il capo al diktat arrivato dall’Assessore Mauro Febbo che ha “imposto” alla maggioranza il suo volere.
Questo nonostante con una nota del 2 maggio il suo Direttore avesse chiesto espressamente al Ministero un parere in ordine alla richiesta di sospensione a questo provvedimento” prosegue Dino Pepe. “Febbo, mostrando assoluta non curanza delle istanze che vengono dalla provincia di Teramo ed accampando motivazioni francamente aleatorie, unite ad un ostracismo pretestuoso ed incomprensibile verso questa risoluzione, ha imposto ai suoi di votare contro, umiliando il nostro territorio e dimostrando quanto, a questa maggioranza, non interessi assolutamente niente di quello che sta a cuore al tessuto economico ed imprenditoriale teramano”.
“Mi chiedo ora con quale coraggio i nostri consiglieri Quaresimale, Di Matteo, Di Gianvittorio, vicinissimo al Presidente della Provincia, Diego Di Bonaventura, e D’Annuntiis, visibilmente in imbarazzo in questa situazione, potranno affrontare i teramani dopo che, in Consiglio Regionale, hanno voltato le spalle al proprio territorio e alle sue legittime richieste votando contro” conclude Dino Pepe. “Ringrazio il Movimento 5 Stelle per il sostegno accordato a questa risoluzione, ma purtroppo quella scritta stasera è una pagina bruttissima per la nostra provincia e che dimostra, ancora una volta, come a questa maggioranza non importi nulla di Teramo e della sua Camera di Commercio”.
La replica di Febbo: processo irreversibile. “La fusione tra Teramo e L’Aquila è su base volontaria e prende corpo da due distinte ma congruenti deliberazioni dei rispettivi consigli in ordine alla volontà di fondersi in un’unica Camera – afferma l’assessore Febbo, per chiarire per l’ennesima volta il punto di vista della Regione.
“Il motivo per cui diverse Camere di Commercio hanno impugnato la legge dinanzi alla Corte Costituzionale è invece diverso – prosegue Febbo – e deriva dal fatto che legge, nel caso di mancanza di accordi volontari per la fusione, imponeva la stessa senza una previa intesa della Conferenza Stato Regioni”.
“Tale intesa le Camere di Commercio di Teramo e L’Aquila l’anno chiesta ed ottenuta nel gennaio del 2019 e pertanto il motivo della lagnanza di Teramo . A seguito di contatti che ho avuto con i vertici nazionali di Union camere e del MISE, è certo che, anche dopo la pronuncia della Consulta, indietro non si tornerà, perché il Governo ed il Parlamento sono fermi a tenere al massimo 60 Camere”.
“Quindi l’idea che dopo la pronuncia della Corte Costituzionale tutto possa tornare come prima è del tutto priva di fondamento e sbagliano alcuni politici teramani perseguire questa strada.”
“Non mi voglio addentrare in un terreno che non mi compete, poiché come Giunta Regionale siamo equidistanti e vogliamo fare solo gli interessi dei territori abruzzesi indistintamente – conclude l’Assessore – il problema della sede e della fusione volontaria o imposta lo devono risolvere i territori da loro stessi con il dialogo. Se Teramo non è più d’accordo, deve revocare l’accordo di fusione e inviarlo al MISE che si pronuncerà a sua volta sulla legittimità o meno di questa scelta e deciderà il da farsi. Ossia se considerare comunque l’iter concluso o commissariare le Camere di Teramo e L’Aquila ed applicare le norme di legge che sono al vaglio della Consulta.”
Spero tanto che i diretti interessati sappiano trovare una via d’uscita ed una mediazione senza alimentare inutile e sterili polemiche di campanile che non aiutano certo a definire la vicenda. Lo ripeto, MISE e Unioncamere hanno affermato che indietro non si torna e non ci sarà più una Camera di Commercio per ogni provincia. Bisognerà farsene una ragione. Infine – conclude Febbo – mi sono fatto garante anche della volontà espressa dai componenti di maggioranza D’Annuntis, Di Matteo e Quaresimale nel portare a termine il processo tenendo conto delle peculiarità del territorio da loro rappresentato”.