Atri, al San Liberatore chiude anche Urologia: la protesta del sindaco pinetese Monticelli

atri_ospedaleAtri. “Quanto ci costerà tutto questo?”. È la domanda che Luciano Monticelli, sindaco di Pineto, pone ai suoi concittadini dopo la notizia di una possibile riconversione del reparto di urologia dell’ospedale di Atri in servizio di day surgey.

L’eventualità ha subito destato la preoccupazione della giunta pinetese, che ha deciso di dire la sua in proposito soprattutto dopo le numerose segnalazioni giunte in questi giorni da parte del personale sanitario del presidio ospedaliero e dei cittadini, fortemente preoccupati dalla situazione.

“Siamo dinanzi a un nuovo tentativo di indebolire la nostra struttura ospedaliera, fino a qualche anno fa fiore all’occhiello della sanità abruzzese” contesta il primo cittadino. “La riconversione di un reparto con un’attività chirurgica simile, considerato anche il fatto che nella ASL di questa provincia, oltre ad Atri, l’unico con attività chirurgica è quello di Teramo, porta ovviamente a un accentramento del servizio nel solo capoluogo (dove ad oggi non risultano aumentati i posti letto), con conseguente aumento dei tempi di attesa e, necessariamente, con una diminuzione dell’assistenza in un territorio notoriamente molto vasto, che si estende dalle zone dell’entroterra sino a quelle costiere, costringendo gli utenti a tragitti lunghi e disagevoli”.

Da qui il disappunto dell’amministrazione Monticelli, che si chiede come e dove saranno assistiti i pazienti se l’eventualità dovesse concretizzarsi.

“Qualora si decidesse di aumentare i posti letto in altre strutture ospedaliere” aggiunge il primo cittadino “bisognerebbe necessariamente assumere nuovo personale. Quanto ci costerà tutto questo? Non è più economico mantenere ciò che abbiamo già (e che funziona bene), magari potenziandolo, piuttosto che attuare queste rivoluzioni che, sicuramente, determinerebbero un servizio peggiore ai cittadini?”.

Non solo. Secondo il primo cittadino, oltre a rivelarsi una scelta non razionale, riconvertire una tale struttura sarebbe anche un mancato riconoscimento dell’esperienza e del patrimonio di conoscenza di tutto il personale sanitario. “Si umiliano le professionalità” conclude Monticelli “che, nel corso di tutti questi anni, si sono impegnate al massimo per crescere professionalmente in modo da offrire la migliore assistenza possibile”.

 

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