Roseto. Una segreteria collegiale che traghetti il partito sino al nuovo congresso cittadino. E’ questa l’ipotesi, al momento la più accreditata, emersa nel corso dell’infuocato direttivo del Pd rosetano che si è svolto ieri, e che è stato aggiornato a questa sera. Confermate le dimissioni dell’attuale segretario Celestino Salvatore, come anticipato giorni fa da Cityrumors, nel corso di un direttivo gremito di tesserati nel quale è stata battaglia tra la corrente ginobliana e quella verrocchiana. Presenti anche Robert Verrocchio e Giovanni Cavallari.
Potrebbe dunque essere una trojka a guidare il Pd rosetano nei prossimi mesi. Questa la possibilità che ha trovato più o meno d’accordo tutti nel primo incontro del partito all’indomani della sconfitta del ballottaggio. Alla cabina di regia andrebbe un gruppo di giovani, anche se rimane da definire la composizione, con la segreteria rosetana propensa ad indicare coloro che sarebbero stati i nuovi eletti in caso di vittoria, vale a dire Massimo Bianchini, Raffaella D’Elpidio, Silvio Pacioni, Andrea Delli Compagni, più forse Simone Tacchetti. A decidere la composizione della nuova segreteria potrebbero essere l’attuale segretario e il presidente del circolo cittadino, Celestino Salvatore e Enzo Di Sangro, insieme al responsabile provinciale del Pd Robert Verrocchio. Il gruppo dovrebbe traghettare il partito sino al nuovo congresso che potrebbe svolgersi a dicembre, e che dovrebbe designare il nuovo segretario cittadino.
Il direttivo, che si è aggiornato a questa sera visto il gran numero di interventi, ha avuto momenti molto tesi. In apertura Salvatore ha avuto parole molto dure nei confronti del segretario provinciale e dell’ala verrocchiana del partito, firmataria ad un mese dalle elezioni di un documento che criticava la linea della segreteria locale. Sul banco degli imputati anche l’ex assessore alla Cultura Sabatino Di Girolamo, dimessosi a fine marzo, accusato insieme ai dissidenti di aver “destabilizzato” il partito a ridosso delle elezioni. Partito che Di Girolamo, presente ieri sera, ha definito “un simbolo usato solo per le elezioni nel peggiore stile berlusconiano” nel corso di un accorato intervento. Presente anche Tommaso Ginoble, che ha voluto ammettere le sue responsabilità e ha parlato di “attacco sciacallesco” nei suoi confronti. Il deputato, che ha detto di voler rimanere all’interno del Pd, si è anche voluto togliere qualche sassolino, parlando di “voto disgiunto fatto ad arte da qualcuno” non d’accordo con le decisioni del partito.