“A fronte dei gravissimi problemi economici ed ambientali emersi clamorosamente negli ultimi mesi” si legge in una nota dell’associazione “manca in sede politica e istituzionale un dibattito trasparente e serio. Il CAM è gravemente inadempiente rispetto agli obblighi della convenzione ventennale del 2007 ATO-CAM e ci chiediamo perché il Commissario Unico Straordinario non abbia ancora deciso di revocare la concessione di affidamento. Basti pensare che il CAM ha tralasciato completamente gli investimenti per le infrastrutture e per la depurazione: negli ultimi anni su 15 milioni versati dai cittadini destinati agli investimenti per le opere di depurazione, sono stati effettivamente impiegati solo 300.000 euro. Ci sorge spontanea qualche domanda: gli altri soldi che fine hanno fatto? Lo stratosferico debito deriva solo dal fatto che la tariffa era troppo “bassa” (come ripetono molti) o c’è dell’altro? E’ vero che i fanghi dei depuratori non vengono rimossi per impossibilità di pagare i fornitori e che le sostanze tossiche vanno così a inquinare le falde? E’ vero che il CAM non ha soldi per riparare le tubature rotte? Perché il Consorzio continua ad ignorare le più elementari norme di trasparenza quali la pubblicazione dei verbali degli organi di gestione? C’è tuttora qualcosa da nascondere? La situazione è talmente grave che persino la Prefettura sta intervenendo convocando riunioni e tavoli. Al contempo le Autorità che hanno poteri di controllo sul CAM (Regione, Commissario Unico Straordinario) e che dovrebbero esercitare i propri incisivi poteri rimangono silenti e inerti. La questione “acqua” si sta trasformando solo in un problema di ordine pubblico? La Regione e l’ERSI intendono delegare ogni decisione all’Autorità di Pubblica Sicurezza? L’assordante silenzio della Regione e dell’ERSI legittima peraltro le idee più strampalate. Parte dei Comuni soci vorrebbero creare una bad company ove stornare tutte le passività e i debiti istituendo al contempo una nuova società mista pubblico-privata cui affidare la gestione del S.I.I., in barba al referendum del 2011; si parla di affidamenti trentennali per creare una posizione di monopolio appetibile per i privati in quanto idonea ad assicurare profitti enormi e sicuri, ma l’acqua è un diritto umano universale e nessuno può appropriarsene, né farci profitti. Infine c’è chi pensa che i problemi possano essere risolti da un gruppo di “saggi” che, come gli alchimisti medievali, dovrebbe escogitare, nel segreto delle loro stanze e con la connivenza di troppa politica, rimedi francamente impossibili e per di più contrastanti con l’abolizione legislativa degli ATO provinciali e subprovinciali e la creazione di un un unico ATO regionale (ATUR). Ritieniamo che l’Autorità titolare della concessione di affidamento al CAM S.p.A. (ossia il CUS, erede dell’Ente d’Ambito) debba trarre le conseguenze di questa situazione e cercare veri rimedi. Vi sono dirigenti regionali che da vent’anni prendono tutte le decisioni sull’organizzazione e la gestione del Servizio Idrico Integrato e hanno assecondato – quantomeno per omesso controllo –la
pessima gestione del CAM. I Comuni, a loro volta, sono doppiamente colpevoli in quanto sono soci del CAM e membri dell’Ente d’Ambito, e non hanno esercitato il proprio controllo né nell’una nè nell’altra veste. Oggi i dirigenti della Regione e gli amministratori dei Comuni non possono far finta di scendere dalla luna. La situazione del Servizio Idrico nella Marsica è talmente grave che merita di essere affrontata con un ‘Piano Marshall regionale’ per l’acqua che ponga urgente rimedio ai gravissimi problemi ambientali, sociali ed economici riguardanti la gestione del Servizio Idrico nella Marsica e nell’intera Regione. Per usare un termine diffuso negli ultimi giorni, bisogna effettuare un vero e proprio parbuckling della gestione disastrosa degli ultimi anni”.