Chieti, Cimini: ‘Tutti a casa, ma prima istituire un fondo per vittime dell’ignominia’

logo-giustizia-socialeChieti. “Il tormentone della politica: ‘Non ci sono i soldi’. Siccome siamo tutti responsabili ed in primis chi ci rappresenta, ho una certa idea su come trovare i soldi per costituire il fondo di risarcimento, auspicato anche dal comitato Se Non Ora Quando,   ed è molto semplice e facilmente realizzabile: il sindaco firma un assegno di  20.000 euro ogni assessore firma un assegno di 10.000 euro (moltiplicato per 10 assessori, circa 100.000 euro), ogni consigliere firma un assegno di pari importo ognuno per la propria parte tanti quanti sono stati i Consigli saltati per mancanza di numero legale (forse dai 60.000 agli 80.000 euro)”.

Così in una nota il segretario politico di Giustizia Sociale, Vittorio Cimini, che aggiunge: “E se tanto mi dà tanto sono : 20.000 + 100.000+60.000/80.000 = 180.000/200.000 euro pronta cassa entro il 15 di agosto 2013! E solo dopo tutti a casa,  con la promessa che, almeno coloro che sono da più di 15/20 anni a batter cassa, a non ricandidarsi più. Doppio importante effetto : incentivo  alla legalità; e, forse, una volta tanto sulla cronaca nazionale i titoli dei giornali potrebbero titolare cosi: la città di Chieti risponde all’Italia con un atto nobile che sia da esempio a tutti gli italiani. Oppure Chieti si ribella al sistema: segnali di cambiamento. Oppure Chieti  città d’arte e di cultura  dà un calcio alla vecchia politica. Abbiamo assistito a scandali pensiamo all’affair Lucy e la Margherita, al caso Belsito e la lega, Pdl Lazio, ecc., e di fronte a questi ci si aspetta giustizia : l’indignazione non basta, si vuole cambiamento, trasparenza, pulizia e invece si assiste al fatto che la politica sia diventata un lavoro per alcuni, un modo di come mangiare i soldi dei cittadini che pagano le tasse e anche gli eccessivi privilegi dei politici sono negativi. Per quanto riguarda ciò che è accaduto nella nostra città……bhè qualcuno dice: basta chiacchiere da bar e datevi da fare, che mi permetto di correggere in ‘diamoci da fare’ ”.

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