“Il disastroso risultato delle urne – prosegue Cellini nella lettera – è il compimento di un percorso intrapreso dalla dirigenza nazionale del partito che per troppo tempo in molti hanno solo ‘adulato’ e acriticamente ‘assecondato’, in un contesto di sostanziale carenza di confronto democratico comune ormai a tutti gli schieramenti. Il sistema elettorale con le liste bloccate ha creato nei partiti folle di ‘cortigiani’ tese unicamente a compiacere chi avrebbe deciso dei destini elettorali di tutti gli aspiranti parlamentari ed è risultato impossibile, come per altro ampiamente previsto, operare un riforma che eliminasse questa evidente e grave distorsione che ha finito, quindi, per allontanare gravemente la politica dagli elettori e che ha contribuito, insieme ad altre pesanti negatività, a creare il fenomeno 5 Stelle. Parlavo di percorso della dirigenza ma forse è più corretto coinvolgere anche la base, cui ovviamente appartengo, che per 15 anni ha creduto in un progetto di ‘centro moderato’, pur galleggiando sempre con basse percentuali elettorali e dovendo continuamente resistere agli attacchi più tremendi da parte di ‘voto utile’ e ‘politica dei due forni’. Quante volte ci siamo trovati in difficoltà per spiegare il ‘perché ed il per come’ di certi comportamenti politici e certe alleanze sul territorio? Come si possono spiegare agli amici le scelte dal partito in Abruzzo che, al di là delle persone designate che sono sicuramente politici efficaci, hanno visto in campo a capo delle liste due candidati appartenenti ad altri partiti? Di più, come possiamo spiegare che oggi, unico caso di mia conoscenza, l’Udc può vantare al Consiglio Regionale d’Abruzzo propri esponenti sia in maggioranza sia in minoranza? La dirigenza nazionale, mi si dice, ha voluto, con queste candidature ‘nuove’, rigenerare un partito locale ‘statico’ e ‘litigioso’ ma non si possono così facilmente cancellare i tanti ed evidenti meriti dell’Udc abruzzese: la straordinaria ‘resistenza’ alle politiche del 2008 e quella ancora più importante e straordinaria delle regionali dello stesso anno; i risultati a ‘due cifre’ tanto rari per il partito, conseguiti nelle elezioni provinciali di Chieti (con elezione del presidente Udc) e nelle comunali di Chieti e Lanciano; le tante altre affermazioni di assoluto rilievo su tutto il territorio regionale (sindaci importanti, tra i quali voglio ricordare quello di Atessa, assessori e consiglieri in gran numero ovunque). Non mi sembrava proprio un partito malato o allo sbando, tutt’altro, la classe dirigente locale traeva dalla dialettica interna un maggior legame con il territorio ed una conseguente maggior forza elettorale. Tornando alla politica nazionale – conclude Angelo Cellini – il presidente Casini ha probabilmente giocato la sua ultima carta con Monti per un ennesimo rilancio del progetto di ‘centro’, forse anche valutandone i rischi; purtroppo il risultato è stato umiliante, ben al di là di quello che possono aver influito le sacrosante proteste locali e, come tale, non può essere ignorato come pare si voglia fare imbastendo una riflessione autocritica di facciata senza reale cambiamento. In conclusione ritengo che ormai le dimissioni siano un atto improrogabile ed inevitabile soprattutto per correttezza nei confronti dei nostri quadri locali che sono già stati duramente messi alla prova da candidature e risultati elettorali, amici che mi chiamano per problemi che continuamente si creano nelle vita del partito sul territorio, specie dopo questi avvenimenti”.