Ironizzano biblicamente, i consiglieri comunali del Partito democratico, definendo l’emblematica passeggiata che l’altro ieri i due pescatori, Francesco Scordella e Massimo Camplone hanno fatto all’interno del porto come “il miracolo di Pescara”. Ma forse un miracolo è quello che realmente serve per risolvere la drammatica situazione inerente al dragaggio del Porto. “Un dragaggio inutile”, definisce il capogruppo Moreno Di Pietranonio, quello fatto sinora, “un inutile spreco di milioni di euro pubblici”. Ricostruisce brevemente quanto fatto e speso finora: “500mila euro per i primi 2mila metri cubi, altri 1,9 milioni per i 17 mila metri cubi che si stanno scavando in questo periodo; ora la Regione parla di altri 2 milioni, ma l’assessore Morra, vista la situazione, pare negare la disponibilità”. Quale situazione? “Servirebbero, innanzitutto, scavare almeno 150mila metri cubi; e poi si sta lavorando con un attrezzatura inadeguata: una pinza che serve a spostare gli scogli, che fa ricadere in acqua la metà del fango che asporta. Praticamente, i circa 200 metri cubi al giorno scavati, vengono risedimentati immediatamente dal naturale flusso del fiume”. Da qui, il primo richiamo all’assunzione di responsabilità da parte di Di Pietrantonio: “Quell’appalto l’ha assegnato il Provveditorato alle opere marittime: istituzione, come le altre, che deve prendersi la propria responsabilità, cosi come il centrodestra al governo di Comune, Provincia e Regione deve assumersi la responsabilità politica di non aver prodotto, in 1 anno, alcuna soluzione”.
Più tecnico, invece, il consigliere Enzo Del Vecchio, secondo il quale l’autorizzazione fornita ieri per l’escavo di altri 10mila metri cubi, confermerebbe l’assenza di contaminanti nei fanghi: particolare che eviterebbe il procedimento di trattamento specifico del materiale asportato, con il conseguente trasporto in un apposito sito di stoccaggio, per un costo totale di 115 euro a metro cubo contro i 55 di un dragaggio senza inquinamento. Nel mezzo un miscuglio confuso di campionature e carotaggi dagli esiti non pubblicati e analisi eseguite dall’Arta con verbali redatti in Prefettura che attesterebbero, riferisce Del Vecchio, la buona qualità dei fanghi esaminati. Dati e nomi che, in sostanza, producono ben poche soluzioni. Chi invece cerca di mettere il punto è la marineria, abile a rintracciare un Decreto ministeriale del 1996 il quale autorizzerebbe a portare al largo i limi scavati dal canale, qualora si procedesse alla chiusura del porto straordinaria e propedeutica a tale operazione; soluzione anelata al punto di rinunciare temporaneamente alla propria attività, pur di risolvere drasticamente il problema. Studiata e approfondita al punto da aver già individuato, in una “fossa” a 6 miglia dalla cosa, il punto in cui depositare il dragato. “Ma il sindaco non vuole chiudere il porto per non perdere l’immagine, invece di agire con un metodo funzionale”, commenta Del Vecchio, “ed entusiasta incita a lavorare senza soluzione di continuità con un dragaggio utile soltanto ad arricchire la ditta Nicolaj”.
Daniele Galli