Il 18 gennaio 2011 la direzione generale della Procter & Gamble ha comunicato ai circa 150 lavoratori la chiusura del Centro di Ricerca a partire da giugno 2012. L’area metropolitana Chieti-Pescara viene così a perdere .
Alla fine degli anni Sessanta la Fater, del gruppo Angelini, iniziò la produzione dei pannolini. Dalla Fater poi nasceva, nella metà degli anni Settanta, la Fameccanica a cui si aggiungeva, ad inizio anni Ottanta, la Faricerca, che lavorava sul design e su nuovi materiali per articoli igienici vari (pannolini, fazzoletti, contenitori per saponi e detersivi ecc), supportando in questo modo l’azienda di produzione Fater. Faricerca sviluppava nuovi prodotti, la Fater li produceva e la Fameccanica costruiva o modificava le macchine di produzione per soddisfare rapidamente le esigenze di nuovi design di prodotto ed anche per migliorare la produttività attraverso macchine sempre più moderne ed efficienti. Questo trinomio permise al gruppo di monopolizzare il mercato italiano con vari marchi, tra cui Lines pannolini per bambino e Lines assorbenti per donna. La Faricerca per un periodo è stata coinvolta dalla joint-venture Angelini e Procter e in un secondo tempo è stata assorbita totalmente dalla Procter & Gamble.
La Procter &Gamble ha sviluppato collaborazione con centri di ricerca e le Università a livello nazionale ed europeo, stipulando accordi con il CNR e promuovendo progetti finanziati anche dall’Unione Europea. Ma il 18 gennaio scorso la P&G ha comunicato ai suoi 150 dipendenti di San Giovanni la chiusura a partire da giugno 2012.
“Questo centro di eccellenza della ricerca deve restare nell’area metropolitana”, affermano i due esponenti vendoliani, “in quanto la sua chiusura verrebbe a creare al territorio (tra indotto produttivo e servizi di circa 500 persone) un danno pesantissimo in questo momento di così grave crisi economica ed occupazionale”. “Non si capisce”, continuano, “come Procter & Gamble, che è ritenuta essere una azienda molto attenta alle problematiche sociali (vedi iniziative sulla sostenibilità sociale, portata avanti con gruppi di lavoro chiamati Live Learn and Thrive) non abbia in questo frangente considerato questo importante aspetto tenendo momentaneamente il sito di Pescara fuori dallo studio di riorganizzazione”.
Ulteriormente difficile la situazione per alcuni degli impiegati di San Giovani: “Diversi tecnici e manager”, spiegano Visco e Licheri “sono ex ricercatori del centro di ricerche di Roma che chiuse nel 2001. Essi si troverebbero, nuovamente e paradossalmente, nella medesima drammatica condizione già vissuta 9 anni fa. E tutti i ricercatori del sito pescarese non possono accettare l’idea che per essere cittadini lavoratori del 21° secolo si debba vivere come nomadi nel deserto della globalizzazione. Chiediamo agli enti locali e soprattutto alla Regione di far sentire la loro voce. Ci uniamo al sindacato e ai lavoratori in questa lotta per fermare la corsa delle multinazionali e i metodi ‘marchionneschi’ che cominciano a dilagare nella nostra Italia”.
Daniele Galli