Chieti. Nei giorni passati ha tenuto banco la decisione del Ministero dei Beni e Attività Culturali (MIBACT), nella persona di Lucia Arbace, direttrice del neonato Polo Museale Regionale, di ridurre l’orario di accesso del museo archeologico La Civitella di Chieti.
“Poco prima, a suscitare scalpore, è stata la notizia dell’imminente trasferimento della Soprintendenza archeologica dalla storica sede di Chieti all’Aquila – si legge in una nota del Team Extra – dopo la decisione di accorparla con la Soprintendenza delle Belle Arti. Si è parlato di “scippo” e di “scorrettezza istituzionale” nei confronti della città teatina a favore di quella aquilana; e le varie fazioni politiche e i vari sindacati si sono scontrati e accusati l’un l’altro per non essere stati in grado, nel susseguirsi delle varie giunte, di stilare e realizzare programmi concreti di promozione e valorizzazione del patrimonio cittadino. Bisogna precisare che la città di Chieti sta vivendo solo un piccolo aspetto del grande progetto di riorganizzazione del Ministero, voluto fortemente dall’attuale governo. Questo riordino sta interessando oltre la nostra Regione anche tutto il territorio nazionale e prevede l’istituzione di 39 Soprintendenze unificate, 36 Istituti Centrali, 17 Segretariati Regionali e 17 Poli Museali Regionali, per “rafforzare i presidi di tutela e semplificare il rapporto tra cittadini e amministrazione. Le nuove soprintendenze parleranno con voce unica a cittadini e imprese riducendo tempi e costi burocratici […] sulla strada della valorizzazione del patrimonio”. Ma cosa vuol dire tutto ciò? Lo spiega bene il prof. Tomaso Montanari sul suo blog Articolo 9. Questi nuovi organi periferici dello Stato chiamati Poli Museali Regionali sono stati creati per riunire sotto un unico soggetto tutti quei musei di competenza statale ritenuti di “minore interesse nazionale”. In tal modo si realizza una selezione secondo due ordini, quelli di prima e quelli di seconda categoria modellata non certo per riconosciute aree culturali ma secondo il ritaglio del territorio regionale, sconvolgendo quel consolidato sistema di presenza territoriale tra istituti museali e cura del “contesto come necessario riferimento per la comprensione e studio dell’opera d’arte e del Bene culturale e di cui costituisce l’originale caratterizzazione delle istituzioni di tutela nel nostro paese”. Sull’accorpamento delle Soprintendenze e all’obbligo dei funzionari di sottostare alla volontà dei Prefetti (rappresentanti del potere esecutivo), Montanari parla di “operazione funzionale che mira a far tacere coloro che più e meglio di tutti possono spiegare con la loro competenza e professionalità perché questa riforma sta uccidendo la tutela del Patrimonio […]. Perché una testa si piega, e si taglia, meglio di tre.” Ed è proprio questo che dovrebbe far discutere ed indignare l’opinione pubblica: non è tanto il trasferimento da una sede all’altra di questi Istituti, ma il fatto che sia stata fatta una netta distinzione tra interesse nazionale “rilevante” e interesse nazionale “minore” di un bene. La tutela e quindi la conseguente valorizzazione e fruizione di un bene o di un istituto culturale passa attraverso questa decisione che non può e non deve essere lasciata in mano ad interessi di partito. Lo Stato, con questa riforma, ha chiaramente fatto una distinzione tra ciò che ha “valore” e quindi meritevole di sussidi statali e cosa ha minor valore e quindi meno meritevole di finanziamenti. Ma valore per chi? E in base a quali criteri si è deciso che un museo o una collezione ha più valore di altri?”.
“Nell’era della globalizzazione – prosegue la nota – dove tutto si omologa e si standardizza sono proprio le piccole realtà locali come quelle di cui l’Italia fortunatamente è ricca, il vero tesoro da tutelare e valorizzare. I musei teatini che fanno parte del Polo Museale Regionale abruzzese sono: Chiesa di San Domenico al Corso — Chieti; Museo “La Civitella” Chieti; Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo – Villa Frigerj — Chieti. Questi luoghi sono beni di enorme valore identitario e collettivo, i quali, anche se non hanno contribuito a scrivere la grande storia dell’arte italiana e mondiale hanno sicuramente contribuito a scrivere la storia del nostro territorio e della nostra gente attraverso una stratificazione di stili e gusti che vanno dal paleolitico fino ai giorni nostri. Come ha sottolineato giustamente Lucia Arbace non importa dove si spostano gli uffici del Polo o della Soprintendenza, quello che deve interessare è come far funzionare una struttura museale, e la città di Chieti può vantare un patrimonio unico nel suo genere. A partire dalle testimonianze delle antiche civiltà italiche come il Guerriero di Capestrano, come i famosi Ercole Curino attribuito alla scuola di Lisippo e all’Ercole Epitrapezion del I secolo A.C. ritrovato ad Alba Fucens. Passeggiando per il centro cittadino si possono incontrare i resti dell’antica Theate romana, dalle antiche terme e cisterne romane fino all’anfiteatro all’interno del parco archeologico annesso al Museo La Civitella. Ma Chieti possiede anche una notevole raccolta d’arte civica frutto di importanti donazioni da parte di facoltose famiglie teatine, le quali hanno ritenuto doveroso lasciare alla loro città le proprie collezioni al fine di tramandare alle generazioni future l’amore per l’arte, per la cultura e quel senso civico che oggigiorno sembra davvero sparito; dalle tavole lignee quattrocentesche provenienti dai monasteri soppressi nel periodo napoleonico, per passare all’arte classicista seicentesca quali opere attribuite alla scuola di Carlo Maratti e Pietro da Cortona, alla famosa collezione di maioliche Paparella-Delvet, fino alla collezione dell’Ottocento abruzzese con opere di Michetti, Cascella e Barbella e della scuola napoletana tra cui alcuni taccuini con i disegni a mano libera di Teofilo Patini, scenografie teatrali di Ferdinando Galli da Bibbiena e uno studio di Luca Giordano. Per il Novecento la collezione civica ospita opere di artisti internazionali come Juan Mirò, Sironi, Ortega e artisti locali ma apprezzati a livello nazionale come Federico Spoltore e Vito Pancella. Chieti ha un’offerta culturale di tutto rispetto, un patrimonio che tuttavia al di fuori dei propri confini perderebbe la sua ragion d’essere e verrebbe compreso solo in parte perché strettamente correlato al territorio in cui giace. Ma questo aspetto non può essere un punto di debolezza, ma deve trasformarsi in punto di forza, attuando strategie efficaci ed efficienti per valorizzare questi musei che andrebbero a promuovere di conseguenza il territorio e la città. La Civitella soffre di scarsissima presenza di visitatori e di mancanza di sostegno finanziario da parte dello Stato. La tutela e la valorizzazione del patrimonio spetta in primo luogo allo Stato e gli altri Enti Pubblici Territoriali (Regioni, Provincie e Comuni – come specificato dal Codice dei Beni Culturali), tuttavia coinvolge anche altri soggetti pubblici quali possono essere le Università, che nello svolgimento delle loro attività sono tenuti ad assicurare la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale, ma anche i privati proprietari, possessori o detentori dei beni appartenenti a quel medesimo patrimonio. Dunque siamo tutti chiamati a partecipare attivamente per il perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla tutela del patrimonio. Inoltre lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali sono tenuti a stipulare accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare conseguenti piani strategici di sviluppo culturale (Art.112 cc.1 e 4 Codice BB.CC.).Dal momento che lo Stato, attraverso i suoi funzionari, non riesce a garantite le risorse economiche ed umane sufficienti per il perseguimento di tali finalità, deve essere il primo ad accettare ed auspicare forme di collaborazioni con altre realtà soprattutto locali, facilitando e agevolando proposte e progetti culturali che rendano fruibile il patrimonio da loro gestito”.
“Tanto stanno facendo le associazioni culturali locali – conclude il Team Extra – ma non basta. Non si può affidare il futuro dei musei e il turismo teatino alle sole associazioni di volontariato o addirittura agli studenti liceali, come suggerito recentemente, che andrebbero ad offrire, non per loro colpa, un servizio inadeguato rispetto a quello che potrebbero dare le tante figure professionali che si sono formate per fare questo lavoro e che ovviamente richiedono il giusto prezzo alle loro conoscenze. Bisogna investire sulle persone: fare economia sul personale crea solo un cattivo prodotto culturale, che porterà ancora meno pubblico all’interno di questi luoghi. Se è vero che lo Stato debba venire incontro alle esigenze del territorio, in cui sono dislocate le varie Soprintendenze, gli amministratori locali dovrebbero fare meno proclami elettorali e realizzare progetti a lungo termine, non solo eventi sporadici fini a se stessi che non valorizzano per nulla una città storica come Chieti”.