“Dalle notizie in nostro possesso” fanno sapere, infatti, in merito Corrado Di Sante, Marco Fars e Maurizio Acerbo “domani all’incontro con sindacati e associazioni sarà proposto un aumento più contenuto di circa il 10% (considerato lo stato dei dati è sempre arduo quantificare quanto paghiamo l’acqua). Tale risultato verrebbe conseguito riducendo la previsione degli investimenti per l’anno in corso e prevedendo una minimale riduzione degli spropositati costi operativi dell’Aca Spa di solo l’1% annuo”.
Secondo Rifondazione Comunista, un’altra parte delle risorse verrebbe reperita facendo pagare di più l’acqua ai Comuni dell’ATO che non hanno conferito il servizio all’Aca, cosa che inevitabilmente ricadrebbe sulle bollette dei residenti di quegli stessi Comuni.
Stando a quanto riferito dal partito politico, inoltre, secondo la proposta verrebbe istituito anche un fondo per l’esenzione e la riduzione della tariffa come richiesto da Rifondazione e sindacati.
“Insomma” continuano i politici, “la tariffa media dovrebbe essere fissata a 1,23 euro al mc. anziché 1,31. Questa riduzione la consideriamo un primo passo in avanti frutto della mobilitazione suscitata dalla nostra conferenza stampa che aveva reso pubbliche le imminenti decisioni dell’assemblea dell’ATO. Ma teniamo a precisare che si tratta di una proposta insufficiente e non accettabile”.
Secondo Rifondazione Comunista, l’ipotesi non affronterebbe, infatti, il tema dell’indispensabile risanamento e riduzione dei “costi operativi” del gestore Aca Spa. “Nel mentre cala la scure dei tagli ovunque e dovunque” commentano Di Sante, Fars e Acerbo, “l’impegno a ridurre dell’1% i costi di gestione di una Spa che è diventata negli anni un arcinoto baraccone clientelare è assolutamente risibile. I sindaci, che sono anche azionisti dell’Aca, hanno il dovere di predisporre ed imporre al cda una drastica riduzione dei costi che compensi il mancato aumento della tariffa”.
Stando a quanto dichiarato da Rifondazione, sarebbe infatti possibile ridurre i costi di gestione dell’Aca, verificando voci come le esternalizzazioni. “Ad esempio” spiegano i tre, “è assurdo spendere mezzo milione di euro per un call center quando c’è un surplus di dipendenti che girano i pollici, oltre a pagare locali in affitto quando si possono avere gratis dai Comuni superminimi extracontrattuali e discrezionali anche di 500 euro mensili ai dipendenti, ecc”.
In secondo luogo, i politici ritengono sbagliato rovesciare su alcuni Comuni il peso degli aumenti. “Rimaniamo convinti” sottolineano in proposito “che, considerata la crisi e l’impatto della stessa manovra del governo sui redditi dei cittadini, non si possa accettare alcun aumento. Invitiamo i sindaci a rinviare l’assemblea dell’ATO prevista per giovedì e a convocare immediatamente un’assemblea straordinaria dei Comuni azionisti dell’Aca per discutere l’indispensabile taglio di costi e sprechi. Il comitato ristretto per conto dell’ATO ha predisposto la proposta di aumento soft prescindendo dall’affrontare il tema dei costi dell’Aca. I sindaci, però, sono anche i rappresentanti legali dei comuni azionisti dell’Aca Spa. In tale veste hanno il dovere di individuare le modalità per determinare i tagli”.