“Penso che – si legge nella lettera – mai come in questa occasione, possa essere ininfluente il ruolo del segretario se volessimo attribuire ad esso, il compito di guidare da solo il Partito verso le sfide future. Ritengo anzi, che il vero vincitore politico di questo lungo congresso, sarà quello che con il suo passo indietro, saprà favorire finalmente una gestione unitaria e quindi autorevole del Partito.
Un gesto capace di per se di conferire autorevolezza a chi lo compirà. Senza timori e senza incertezze, una scelta che potrà ridare slancio e fiducia a quelle tante persone che si aspettano questo da una classe dirigente forte e matura. Questo richiede in questo momento il nostro Partito, questo è in questo momento il nostro Partito, diviso a metà”. Diviso come sempre tra D’Ambrosio-D’Incecco e D’Alfonso-Di Matteo.
“Quale dovrebbe essere – continua la lettera – allora, il compito di persone che si candidano a dirigerlo per i prossimi anni se non quello di trovare soluzioni capaci di rinsaldare i veri legami dello stare insieme, se non quello di provare finalmente a fare politica, quella vera quella che si occupa finalmente dei problemi e delle persone, quella capace di anteporre gli interessi generali a quelli,se pur legittimi, personali. Non mi riferisco quindi della politichetta, senza idee e senza futuro, quella del giorno dopo giorno, quella che in fondo un partito diviso conviene, quella dobbiamo lasciarcela definitivamente alle spalle. Il mio quindi vuole essere un appello a voi due (e solo a voi due), a trovare una soluzione utile, che eviti una conta in assemblea inutile e dannosa che rischia di non risolvere nessuno dei nostri problemi. Esistono proposte importanti sul tappeto che avete l’obbligo morale e politico di esaminare con attenzione e senso di responsabilità. Avete il dovere di provarci assumendovi la responsabilità che vi compete in questo momento e sono certo che potrete trovare una soluzione che vi legittimi, qualsiasi sia l’esito, ad essere classe dirigente”.