Castellalto. “La sconfitta del PD alle elezioni del 4 marzo 2018 è un fatto impressionante per numeri e dimensioni. Questo è il risultato politico che abbiamo pagato per l’azione di governo che è stata bocciata dagli elettori. La democrazia è questa e il risultato va rispettato. Nel nostro paese la lettura e l’analisi della nostra sconfitta deve andare ai fatti concreti che l’hanno determinata e cioè che il nostro partito ha ignorato le istanze di larga parte della popolazione italiana che oggi ha votato per protesta a Lega e Movimento 5 Stelle. Li sono finiti i nostri voti. In particolare la inadeguatezza di risposta alle esigenze di lavoro dei giovani e disoccupati del sud, alla questione dell’immigrazione e alla sicurezza sociale e personale dei cittadini”.
E’ il commento del sindaco PD di Castellalto, Vincenzo di Marzo, precisando che “molti risultati sono stati ottenuti in questi anni, ma su questi 3 temi prioritari l’azione politica del Partito democratico è stata insufficiente e impercettibile. Le promesse fatte dai partiti che oggi hanno ottenuto più voti di noi, su questi argomenti, probabilmente non potranno essere mantenute, ma noi durante l’azione di governo avevamo l’obbligo di fare delle scelte in queste direzioni e questo non è avvenuto. Non sono sufficienti, seppur importanti, le riforme sui diritti civili: i cittadini Italiani in questo momento hanno priorità e bisogni diversi e un partito di sinistra questo lo doveva capire. Per questo abbiamo perso la rappresentanza del voto popolare dei più deboli, dei disoccupati, degli operai e del ceto medio. Nelle fabbriche ,e voglio usare questo termine che può sembrare vecchio, che ci sono e dove lavorano diversi milioni di persone, pochi sono quelli che votano per noi. Ci dovremmo chiedere il perché, ma non lo abbiamo fatto e questo è il risultato. Abbiamo tradito l’idea che la società si cambia dal basso, abbiamo messo in concorrenza la parte debole della società italiana con i nuovi poveri che sono gli immigrati: una miscela esplosiva”.
“Un partito – continua – che si richiama alla sinistra deve godere del voto popolare cosa che così non è più per noi. Non voglio con questo richiamare ed evocare concetti del 900 ma la società odierna è ancora più frantumata di qualche decennio fa e a quella frantumazione dobbiamo dare risposte economiche di coesione e non di abbandono. Alle periferie dei nostri territori vanno date risposte in termini di lotta alla povertà e alla marginalizzazione. Una famiglia che vive il dramma della disoccupazione, e ce ne sono tante nella nostra regione e al sud, non vuole sentirsi dire che l’economia è ripartita, che si è usciti dalla crisi, vuole al contrario lavoro e sicurezza. Solo in questo modo si recupera la rappresentanza di un partito di sinistra e popolare. Troppi errori politici fatti anche nella nostra regione. Troppo incomprensibile l’azione del governo regionale che ha puntato quasi esclusivamente su opere pubbliche che sono importanti ma a cui non bisognava riservare la priorità. Troppi “risultati” sbandierati e anche questi non prioritari per la gente che vive la difficile quotidianità. La vera azione di governo anche locale oggi va indirizzata alla soluzione dei problemi sociali della collettività. E qui anche le candidature regionali hanno giocato un ruolo determinante nella sconfitta a partire da come sono state concepite e da chi le ha determinate. Oggi abbiamo un Partito Democratico nella regione Abruzzo che si riduce ad una percentuale poco sopra il 10%, al di sotto di quella molto negativa del partito nazionale. Il segretario del Partito Democratico regionale Marco Rapino completamente appiattito sulla figura del governatore D’Alfonso che sulle candidature ha fatto il bello e cattivo tempo, ottenendo questi pessimi risultati. Tutta colpa loro? Non lo so, sta di fatto che chi decide è bene che si prenda le sue responsabilità e di fronte a risultati negativi agisca di conseguenza”.
“La riflessione ovviamente – aggiunge – è necessaria, il cambio della guida del partito a livello regionale è irrimandabile. Una gestione più collettiva e meno personalistica è quello a cui bisogna procedere subito. Gli attuali eletti vadano a Roma a rappresentarci, liberino il partito dalla gestione ristretta, si faccia un congresso di costruzione di un partito di sinistra che torni tra la gente, nelle piazze, nelle fabbriche, sui luoghi di lavoro, nelle periferie che gridano rivendicando ascolto e vicinanza. Ascoltando alcuni elettori di sinistra prima del 4 marzo, che poi hanno votato Lega e Movimento 5 Stelle, mi sono impressionato dalle loro parole, perché mi hanno letteralmente detto che per loro votare a questi partiti era un sacrificio, ma che lo avrebbero e l’hanno fatto, visti i risultati, solo perché nel Partito Democratico non trovavano più riferimenti politici e culturali ai loro bisogni. Questo mi ha fatto riflettere molto, ho capito che si sbaglia a pensare che la sinistra sia qualcosa di superato e non più attuale. Certo non sono nostalgico e so che i tempi sono cambiati, so che significa governare e comporre gli interessi, ma i temi della disparità sociale tra le classi esistono ancora e c’è bisogno, più che mai, di un pensiero e di un’azione politica adeguata al tempo che viviamo ma che guardi più che mai a queste esigenze”.
“Voglio credere ancora che il PD possa essere ancora un riferimento per tutto questo, cambiando radicalmente contenuti dell’analisi e della proposta politica sia in termini di idee che di persone. Per questo voglio impegnarmi ancora di più, otre che da sindaco e persona delle istituzioni, soprattutto da uomo politico nella costruzione di un partito democratico che sia tra le persone e non pensi alle poltrone o alle carriere personali. Io penso che sia l’unico percorso vero, autentico e popolare affinché tanti cittadini si ricredano e tornino a votare per la proposta e non per la protesta”, conclude Di Marco.