Pescara resta capoluogo anche della provincia accorpata

pescaraPescara. La fine di una battaglia tra campanili: con Teramo o con Chieti, Pescara rimarrà comunque capoluogo di provincia. Il dibattito sull’accorpamento degli enti provinciali trova un definitivo chiarimento sulla Gazzetta ufficiale: prevarrà il capoluogo con più abitanti.

Giorni e giorni di discussione trovano, finalmente, conclusione. Le decisioni del Governo Monti per l’accorpamento delle province, con un risparmio notevole sulla spesa per la pubblica amministrazione, aveva instaurato una lotta campanilistica tra Chieti e Pescara. Era stato il presidente della Provincia teatina ad aprire lo scontro stabilendo che quella teatina era una storia di corso più lungo rispetto alla ‘cugina’ pescarese. Da lì un cumulo crescente di botte e risposte e appelli a criteri economici, commerciali, industriali e così via.

Oggi la risposta definitiva, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della deliberazione del Consiglio dei ministri del 20 luglio: “Determinazione dei criteri per il riordino delle province, a norma dell’articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.

Il sesto comma dell’articolo 1 della delibera recita: “assume  il  ruolo  di comune capoluogo delle singole  province  il  comune già  capoluogo delle province oggetto di riordino con maggior popolazione residente”. Pertanto, sia se quello adriatico venisse accorpato a quello teatino o a quello teramano, come ipotizzato in questi giorni, rimarrà comunque capoluogo di Provincia…accorpata.

Il testo integrale della delibera. Il Consiglio dei ministri nella riunione del 20 luglio 2012

Visto l’articolo 2, comma 3, lettera  q),  della  legge  23  agosto 1988,  n.  400,  e  successive  modificazioni,  recante   «Disciplina dell’attivita’  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del Consiglio dei Ministri»;  Visto l’articolo 17, comma 1, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n. 95, recante  «Disposizioni  urgenti  per  la  revisione  della  spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini»  il  quale  dispone che tutte le province delle Regioni  a  statuto  ordinario  esistenti alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge sono  oggetto di riordino sulla base dei criteri e secondo la procedura di  cui  ai commi 2 e 3; Visto l’articolo 17, comma 2, del citato decreto-legge  n.  95  del 2012, il quale stabilisce che il Consiglio dei Ministri determina  il riordino  delle  province  sulla  base   di   requisiti   minimi   da individuarsi  nella  dimensione  territoriale  e  nella   popolazione residente in ciascuna provincia;  Considerata la necessita’ di dare attuazione  all’articolo  17  del citato decreto-legge n. 95 del 2012 anche al fine di  contribuire  al conseguimento degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  imposti  dagli obblighi europei  e  necessari  al  raggiungimento  del  pareggio  di bilancio  e  considerata  altresi’  la  necessita’  di  favorire   il conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica;  Ritenuto pertanto che, ai fini  dell’adozione  della  deliberazione del piano di riordino delle province,  e’  necessario  determinare  i relativi criteri, da individuarsi  nella  dimensione  territoriale  e nella popolazione residente in ciascuna provincia; Sulla  proposta  dei  Ministri  dell’interno  e  per  la   pubblica amministrazione e la semplificazione, di  concerto  con  il  Ministro dell’economia e delle finanze;

Delibera:

Art.1- Criteri per il riordino delle province

Ai fini dell’attuazione dell’articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti  per  la  revisione  della spesa pubblica con invarianza dei servizi  ai  cittadini»,  tutte  le Province delle regioni a statuto ordinario  esistenti  alla  data  di adozione della presente delibera sono oggetto di riordino sulla  base dei seguenti requisiti minimi:

a) dimensione territoriale  non  inferiore  a  duemilacinquecento chilometri quadrati;

b) popolazione residente non  inferiore  a  trecentocinquantamila abitanti.

2. Le nuove province risultanti dalla procedura di riordino  devono possedere entrambi i requisiti di cui al comma 1, ferme  restando  le deroghe previste dall’articolo 17, comma 2, terzo  e  quarto  periodo del citato decreto-legge n. 95 del 2012.

3. La  proposta  di  riordino  delle  province  tiene  conto  delle eventuali iniziative comunali volte a  modificare  le  circoscrizioni provinciali esistenti alla data di adozione della presente  delibera, fermo restando che il riordino deve essere deliberato sulla base  dei dati di dimensione territoriale e di popolazione di cui  al  comma  1 come  esistenti  alla  medesima  data  di adozione  della   presente delibera.

4. Il  riordino  di  cui  all’articolo  17,  comma  1,  del  citato decreto-legge n. 95 del 2012 non puo’  comportare  l’accorpamento  di una o piu’ province esistenti alla data di  adozione  della  presente delibera con le province di Roma, Torino,  Milano,  Venezia,  Genova, Bologna, Firenze, Bari,  Napoli  e  Reggio  Calabria  che,  ai  sensi dell’articolo 18, comma  1,  del  medesimo  decreto-legge  e  con  le modalita’ e i tempi ivi  indicati,  sono  soppresse  con  contestuale istituzione delle relative Citta’ metropolitane.

5.  Le  iniziative  di  riordino  delle  province  stabiliscono  le denominazioni delle province esistenti in esito al riordino di cui al comma 1.

6. In esito al riordino di cui al  comma  1,  assume  il  ruolo  di comune capoluogo delle singole  province  il  comune  già  capoluogo delle province oggetto di riordino con maggior popolazione residente.

 

Le ipotesti di accorpamento. L’Aquila, salva in quanto capoluogo di regione, con i 5035 chilometri quadrati di superficie, supera anche i 2500 chilometri quadrati richiesti per non essere accorpata ad altra provincia. Li supera, seppur di poco, anche Chieti, con i suoi 2588, e supera anche i 350mila abitanti necessari, con ben 397.400. Le uniche a non passare ‘l’esame’ sono Pescara e Teramo. La prima con 1224 chilometri quadrati e 323mila abitanti, la seconda con 1945 chilometri quadrati e 312mila abitanti. Tra le tante avanzate, l’ipotesi più probabili vogliono Pescara accorpata a Chieti e Teramo a L’Aquila, ma c’è anche chi sottolinea l’autonomia teatina per rimanere provincia a sè, chiedendo la provincia adriatica unita a quella teramana. In ogni caso all’ente governato da Guerino Testa farà comodo la demografia di Pescara: il capoluogo dannunziano, infatti, con i suoi 123mila abitanti batte i 51.600 di Chieti, battuti anche dai 55mila cittadini teramani. La delibera ministeriale, pertanto, nomina Pescara come Comune capoluogo di qualsiasi provincia venga a formarsi.

 

Daniele Galli


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