L’Aquila, processo mafia nigeriana: depositato il ricorso in appello

L’Aquila. È stato depositato in Corte di appello l’atto di impugnazione della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di L’Aquila a carico di uno degli imputati nigeriani condannato a 12 anni e 6 mesi di reclusione a seguito di rito abbreviato, in favore del quale aveva optato nel giudizio di primo grado.

L’imputato, residente a Reggio Emilia, ma attualmente detenuto in regime di misura cautelare a Bari, è stato condannato per diversi reati, tra i quali spicca quello di maggiore gravità, ossia l’associazione di stampo mafioso ex art. 416 bis.

Il reato in questione, che prevede nell’ipotesi più grave sino ad un massimo edittale di 26 anni di reclusione, è stato contestato a tutti e sei gli imputati di nazionalità nigeriana coinvolti in questa annosa vicenda e che hanno scelto il rito alternativo. Ad oggi è ancora pendente il processo ordinario innanzi al Tribunale penale collegiale di L’Aquila per i restanti imputati che hanno, invece, ritenuto di essere giudicati con il rito ordinario.
La decisione appellata, che consta di 136 pagine di motivazioni, è stata emessa fuori termine in data 29.11.2022, a distanza di circa 6 mesi dall’udienza di discussione conclusiva del processo alla mafia nigeriana, “Black Axe”, che si tenne presso il Tribunale di L’Aquila il 16.05.2022 ed in occasione della quale venne letto il dispositivo di condanna. Il lungo tempo trascorso e la corposità delle motivazioni della sentenza, comprova la evidente complessità del processo.

Lette le motivazioni, l’imputato, per il tramite dei suoi difensori di fiducia, Carlotta Ludovici del foro di L’Aquila e l’Avv. Gisella Mesoraca del foro di Reggio Emilia, ha deciso di proporre il gravame avverso la sentenza di primo grado, muovendo innanzitutto dalla contestazione dell’esistenza nel caso specifico dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, anche per l’assenza di elementi univoci che possano condurre al riconoscimento della sussistenza di un tale tipo di sodalizio criminoso, ben più grave, anche e soprattutto in termini di entità della pena, rispetto alla semplice associazione a delinquere.

“La difesa, permezzo dell’atto di impugnazione, ha contestato punto per punto le motivazioni della sentenza nella parte in cui è stata riconosciuta dal giudicante di prime cure la sussistenza dell’associazione mafiosa in capo a tutti gli imputati”.
Si resta in attesa della fissazione della udienza di discussione nel processo di secondo grado da parte della Corte di Appello penale di L’Aquila.

Impostazioni privacy