Cento migranti in arrivo a Carapelle Calvisio. La Lega: una follia, ci opporremo

“Uno dei più piccoli e tranquilli comuni d’Italia sta per essere letteralmente invaso dall’arrivo di migranti, peraltro in piena emergenza covid-19.E’ una circostanza intollerabile che la Lega combatterà con tutte le sue forze, in ogni sede”.

 

Lo denuncia il coordinatore regionale del partito, il deputato aquilano Luigi D’Eramo. “A quanto ci risulta – spiega D’Eramo – a Carapelle Calvisio stanno per essere ospitati, in una struttura messa a disposizione dalla “Caritas dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne Onlus”,oltre cento migranti per il periodo di sorveglianza sanitaria, la cd. quarantena.Il caso ha dei risvolti di carattere nazionale per una serie di ragioni:si tratterebbe, infatti, del primo esperimento italiano di eliminazione identitaria.In paese, infatti, oggi vivono appena 84 abitanti, con un’età media di circa 60 anni, categorie per definizione deboli;il piccolo Comune oggi ha i fondi sufficienti appena per garantire i servizi essenziali, mentre non  ha risorse per garantire i servizi di sicurezza urbana visto che ha in organico appena un dipendente e un ragioniere che appartiene a un altro Comune.

 

Paradossalmente non ha a disposizione nemmeno un’unità di Polizia municipale,in questo contesto sta per avvenire un aumento di popolazione di oltre il 110%, un caso unico a livello italiano che determinerebbe una situazione insostenibile sotto ogni punto di vita. Si cancellerebbe in un colpo solo l’identità di una comunità, si stravolgerebbe una quotidianità secolare, si minerebbero tranquillità e sicurezza, con possibili, quasi certe, gravi ripercussioni. La vicenda conferma la scellerata politica adottata da questo governo in tema di accoglienza: basti vedere l’aumento esponenziale degli sbarchi e l’assurdo progetto di regolarizzazione di massa”.

Per D’Eramo, poi, sussistono anche rischi legati all’epidemia Covid-19: “Si sperimenta, in modo assurdo, in una popolazione vergine, la possibilità di un contagio. Oggi il paese è esente da casi. Il primo ospedale disponibile è quello dell’Aquila, a trenta chilometri. E’ assolutamente incomprensibile il motivo per cui una simile situazione debba essere oggetto di una sorta di esperimento sulla pelle degli anziani”.

“Noi – conclude D’Eramo – non resteremo con le mani in mano. Siamo pronti a fare della vicenda un caso nazionale, opponendoci in tutti i modi all’assurdità di un modello che non si preoccupa di distruggere uno dei borghi più belli e preziosi d’Italia, calpestando una comunità silente, operosa e tranquilla con un innesto forzoso e pericoloso”.

 

Caritas. Noi non sappiamo niente, non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione ufficiale. Abbiamo saputo dalla stampa e dalla politica di una fantomatica lettera della Prefettura dell’Aquila in cui si chiede alla Asl di verificare le condizioni igienico sanitarie della struttura, ma non sappiamo assolutamente nulla”. Lo dice all’ANSA il direttore della Caritas Diocesana di Pescara, don Marco Pagniello, a proposito del presunto arrivo di cento migranti a Carapelle Calvisio (L’Aquila). Alla politica il direttore dice che “le cose andrebbero prima verificate” e che “non si può giocare sulla pelle della gente né dei residenti né dei migranti”.

 

All’inizio dell’emergenza coronavirus, spiega don Marco, “siamo stati sollecitati dalle istituzioni, tra cui Prefettura di Pescara e Regione Abruzzo, a individuare strutture per eventuali emergenze, dai pazienti Covid-19 dimessi dagli ospedali alle donne vittime di violenza e fino ai migranti. Su Pescara – aggiunge – non abbiamo più strutture, l’unica disponibile era quella di Carapelle Calvisio. Non si è mai parlato di cento persone. Peraltro il nostro interlocutore è stato la Prefettura di Pescara, mentre in questo caso è competente quella aquilana”. Dopo quella ricognizione, prosegue il direttore della Caritas, “non abbiamo saputo più niente. La struttura è a disposizione, ma vogliamo sapere chi ci va e secondo quali procedure. Noi siamo per l’accoglienza, ma non vogliamo problemi con la comunità locale. Deve esserci condivisione, elemento fondamentale per favorire l’integrazione”.

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