Processo Grandi Rischi: Enzo Boschi si difende sulla rivista Science

enzo_boschiCosa avrei dovuto fare per evitare la condanna? Forse, avrei dovuto prevedere il terremoto”.

Si difende così, Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, condannato, nell’ottobre scorso, a sei anni di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e ad un maxi risarcimento per le parti civili, nell’ambito del processo a carica dei membri della Commissione Grandi Rischi dopo il terremoto a L’Aquila. Una sentenza che aveva fatto e continua ancora oggi a far molto discutere, considerata, soprattutto sul versante scientifico, un vero e proprio “processo alla scienza”.

E la difesa di Enzo Boschi, oggi, viene messa nero su bianco su una delle riviste più autorevoli del settore: Science. L’ex numero uno dell’Ingv parla di un processo basato su accuse illogiche che creano un pericoloso precedente per il processo scientifico. Ripercorre poi tutta la vicenda, tappa dopo tappa, spiegando che il pubblico ministero ha ignorato sia la deposizione del sindaco Massimo Cialente sia le mappe sismiche del territorio prodotte durante la riunione della commissione ‘incriminata’, che indicavano L’Aquila come uno dei luoghi a più forte rischio in Italia. E punta il dito contro il pubblico ministero, reo, a suo dire, di aver “distorto le argomentazioni di un mio studio del 1995, mettendo effettivamente la scienza intera sotto processo”.

Enzo Boschi, dunque, ritiene di aver agito nel giusto. “Pubblicando le mappe sismiche il sismologo fa tutto quello che può per difendere la società dai terremoti. Non posso essere accusato per la scarsa qualità degli edifici o per il fatto che le persone non seguono le regole antisismiche. Non ho disseminato false o imprudenti informazioni”.

Per Boschi, come per gli altri sette imputati, le accuse sono quelle di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni. Nel capo di imputazione si legge, infatti, che la Commissione “ha fornito informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica, vanificando le attività di tutela della popolazione”. Gli imputati, inoltre, “sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio anche sotto il profilo dell’informazione. Notizie rassicuranti che hanno indotto le vittime a rimanere nelle loro case”.

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