La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, si è espressa sul licenziamento per l’uso del pc aziendale per scopi personali.
Utilizzare il computer per attività professionali è ormai divenuta una routine, non solo per chi lavora in smart working, ma anche per i dipendenti del settore privato e pubblico. Molte sono le attività lavorative che necessitano di un pc, dunque, bisogna essere a conoscenza delle leggi in vigore per non incappare in sanzioni disciplinari o, nei casi più gravi, il licenziamento.

In merito, si è espressa la Corte di Cassazione con una recente sentenza riguardante l’uso personal computer aziendale per scopi personali. Capiamo cosa hanno stabilito i giudici della Suprema Corte e quando è legittimo un licenziamento in questi casi.
Uso privato del pc aziendale, quando è illegittimo il licenziamento: la sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione con la sentenza numero 7825 dello scorso 25 marzo 2025 si è espressa sull’uso del computer aziendale per scopi personali stabilendo quando, in questi casi, può essere ritenuto illegittimo il licenziamento del dipendente.

Secondo gli Ermellini, nonostante l’uso per scopi personali di un computer dell’azienda può rientrare tra le condotte sanzionabili con il licenziamento, questo deve essere applicato solo quando si tratta di episodi di notevole gravità che possono ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia tra il datore di lavoro e il dipendente. In sintesi, per alcune condotte, ad esempio l’invio di una mail privata o la navigazione sul web, possono scattare delle sanzioni, ma il licenziamento potrebbe essere ritenuto sproporzionato.
Per la Cassazione, come riporta il sito Laleggepertutti.it, è sempre importante, difatti, una valutazione del caso e della sua gravità, ma anche della proporzionalità dell’eventuale licenziamento. Non tutti gli usi privati di un computer aziendale possono portare ad un licenziamento.
Per questo motivo, i giudici della Suprema Corte hanno annullato un provvedimento di un’azienda nei confronti di un dipendente che già era stato giudicato illegittimo in secondo grado. Secondo i giudici, l’utilizzo per scopi privati del pc si sarebbe limitato a due episodi della stessa natura che non avrebbero danneggiato i dati informatici dell’azienda. Si trattava, dunque, di una sanzione sproporzionata.
In questi casi, inoltre, l’azienda potrebbe essere condannata al pagamento del risarcimento per il lavoratore licenziato illegittimamente, dell’indennità di mancato preavviso, ma anche delle retribuzioni maturate per i giorni in cui il dipendente era stato sospeso prima del licenziamento. Si tratta di costi significativi per un datore di lavoro che, dunque, deve valutare bene il caso prima di emanare un simile provvedimento. Dall’altra parte, il lavoratore deve sempre rispettare le regole ed evitare di utilizzare il pc per scopi personali.





