“Operazione verità” sul long Covid. Fabrizio Pregliasco in esclusiva ai nostri microfoni: “L’intelligenza artificiale può aiutare a capire molte cose”
La pandemia fa ormai parte del nostro passato, ma il virus resta un problema anche oggi. I casi continuano ad essere presenti e l’attenzione da parte degli esperti non si abbassa. In contemporanea vanno avanti gli studi per analizzare meglio alcune situazioni che hanno caratterizzato gli anni scorsi, ma che rischiano di essere presente anche in futuro.
Tra queste c’è anche il cosiddetto Long Covid, ovvero quei sintomi che si prolungano anche dopo la guarigione. Stiamo parlando di tosse cronica, affaticamento, mente annebbiata e tanti altri problemi post virus. In questi ultimi giorni, però, è stato reso uno studio capace di stanare tutti i casi sommersi.
Long Covid nascosto: cosa dice lo studio
Lo studio si è soffermato sul Long Covid e si è riusciti grazie all’intelligenza artificiale a scoprire i cosiddetti casi sommersi. Come riportato dall’Adnkronos, il nuovo approccio, che si basa sulla fenotipizzazione di precisione, svela come il 22,8% delle persone analizzate hanno manifestato sintomi del virus anche dopo la guarigione. Si parla di una persona su 4.
Un numero molto più alto di quanto ipotizzato in passato quando si parlava di meno di un paziente su 10 con il Long Covid. “Una cifra che potrebbe dipingere un quadro più realistico del tributo che si paga alla pandemia“, spiegano gli autori dello studio. Uno dei ricercatori ha voluto sottolineare anche come “l’intelligenza artificiale potrebbe trasformare un processo diagnostico pieno di dubbi, in uno nitido e mirato“.
Pregliasco: “Uno studio interessante. Ecco perché”
Una ricerca che la nostra redazione ha analizzato con Fabrizio Pregliasco. “Direi molto interessante questo studio – sottolinea il virologo – perché cerca di inquadrare in modo più chiaro ciò che ancora manca: ovvero cosa determina il Covid. Sicuramente l’intelligenza artificiale riuscirà a darci indicazione per definire meglio questa patologia anche rispetto ad altre come la fibromialgia cronica. Insomma altre cose che spesso si inseriscono anche perché c’è un coinvolgimento a livello cerebrale oltre che aspetti psicologici e depressivi“.
“Questo studio – aggiunge Pregliasco – evidenzia anche una gran quota di soggetti che hanno forme non chiare. Che poi è la forza del virus: ovvero non dare qualcosa di acuto e pesante e, di conseguenza, di diffondersi più facilmente e quindi continuare la sua sporca opera“.