Sempre più persone dopo la pensione si vedono costrette a tornare al lavoro. Ma attenzione: in certi casi l’Inps può chiederci indietro tutti i soldi che ci ha dato.
Nonostante la pensione sia diventata il traguardo più ambito della maggior parte degli italiani, una volta lasciato l’ufficio o la fabbrica, molti si vedono costretti a tornarci. Il motivo? Molto semplice: quasi sempre l’assegno previdenziale è insufficiente per arrivare alla fine del mese.
Secondo i dati ufficiali, oltre la metà dei pensionati vive con il trattamento minimo che, ad oggi, corrisponde a poco più di 600 euro al mese. Cifra del tutto inadeguata per vivere in Italia nel 2025 soprattutto visti gli attuali rincari. E così molti, obtorto collo, si rimboccano le maniche e si rimettono a lavorare.
Talvolta lo fanno anche per aiutare i figli o i nipoti in difficoltà. Ma è possibile accumulare reddito da pensione e reddito da lavoro? Dipende: purtroppo questa opzione non è sempre ammessa. Molti non lo sanno ma rischiano grosso: in certi casi l’Inps può chiedere indietro tutti i soldi erogati fino a quel momento.
Sono tante le persone che escono ufficialmente dal lavoro oggi ma vi rientrano dopo qualche mese per riuscire a tirare avanti. Alcuni tornano a lavorare per la stessa azienda di prima mentre altri intraprendono la libera professione. Non sempre è ammesso, però: in alcuni casi si rischia davvero grosso.
Chi è andato in pensione a 67 anni con la pensione di vecchiaia ordinaria, può rimettersi a lavorare quando vuole sia come dipendente che come autonomo: nessun impedimento in tal senso. In questo caso il reddito da pensione e quello da lavoro sono perfettamente compatibili. Stesso discorso anche per chi ha sfruttato la pensione anticipata ordinaria ed è andato in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi: se vuole tornare a lavorare può farlo.
Via libera anche per chi ha fruito di Quota 41: l’Inps non dice nulla. Ma non tutti sono così fortunati e ci sono misure di pensione anticipata che sono assolutamente incompatibili con il ritorno al lavoro. In questi casi non solo l’Inps bloccherà l’assegno ma rivorrà indietro tutto.
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Tanti lavoratori, per scampare alla legge Fornero, si avvalgono di misure di pensione anticipata accettando anche un assegno più basso. Ma molti non sanno che in alcuni casi poi non potranno tornare a lavorare o rischiano di dover restituire tutto all’Inps.
Chi ha fruito di Ape sociale o di una delle pensioni a Quota – Quota 100, Quota 102, Quota 103 – non può mai rimettersi a lavorare né come dipendente né come libero professionista. E’ ammesso solo il lavoro autonomo e in forma occasionale entro i 5000 euro lordi all’anno. Anche un solo giorno con contratto può comportare la perdita immediata dell’assegno. Non solo: l’Inps chiederà indietro tutti i soldi erogati fino a quel momento.
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Questo limite verrà meno solo una volta che il soggetto avrà compiuto 67 anni, cioè l’età per la pensione di vecchiaia. A quel punto non ci saranno più limitazioni e se lo vorrà potrà avviare una sua attività oppure tornare a timbrare il cartellino.