Non sempre iniziare a lavorare troppo presto è un bene: si mette male per chi ha cominciato a versare contributi prima di una certa data, non ci sarà scampo alla Fornero.
Non sempre iniziare prima a lavorare è un bene, soprattutto in un’epoca in cui le riforme previdenziali sono imprevedibili. Chi avrebbe mai potuto immaginare, fino ad una quindicina di anni fa che nel 2012 sarebbe entrate in vigore la Legge Fornero? Ma non è stata questa forse la riforma più importante.
Ce ne è stata un’altra ancora più incisiva che, seppur necessaria, ha cambiato drasticamente gli assegni e le sorti di tutti i contribuenti. Mi riferisco alla riforma Dini del 1995 entrata ufficialmente in vigore nel 1996. La riforma Dini aveva uno scopo: cambiare il metodo di calcolo delle pensioni. Fino ad allora gli assegni venivano calcolati con il sistema retributivo che pesava decisamente troppo sulle casse dell’Inps.
Dall’1 gennaio in avanti è entrato in vigore il sistema contributivo il quale, come suggerisce il nome stesso, si basa sui contributi versati e tiene ovviamente conto anche dell’età anagrafica di uscita dal lavoro. Chi non ha nessun contributo antecedente al 1996 è chiamato “contributivo puro” in quanto il suo assegno previdenziale sarà calcolato interamente con questo sistema; chi invece ha contributi anche anteriori al 1996 avrà una pensione calcolata con il sistema misto ma, purtroppo, sarà soggetto a diverse penalizzazioni.
Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 e, dunque, ha contributi antecedenti a questo anno, forse un giorno avrà un assegno un po’ più alto rispetto ad un lavoratore contributivo puro ma di sicuro è soggetto a diverse limitazioni e penalizzazioni. La prima riguarda la possibilità di andare prima in pensione.
I lavoratori contributivi puri – cioè coloro che non hanno nemmeno un contributo antecedente al 1996 – una volta raggiunti 64 anni di età e 20 anni di contributi possono anche accedere alla pensione senza aspettare i 67 anni. L’importante è che il loro assegno raggiunga determinate soglie e poi possono dire addio al lavoro ben 3 anni prima rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero.
Questa possibilità, invece, è assolutamente preclusa a chi ha anche solo un anno o un mese di contributi versati prima dell’ 1 gennaio 1996. In pratica anche per solo un mese una persona dovrà restare tre anni in più al lavoro rispetto ad un collega che ha iniziato a timbrare il cartellino poco più tardi di lui. Incredibile ma è così. Esistono sicuramente altre misure di pensione anticipata che possono essere sfruttate ma tutte chiedono di aver maturato ben più di 20 anni di contribuzione, talvolta più del doppio.
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Avere iniziato a lavorare e a versare i contributi prima che entrasse in vigore la riforma Dini può rappresentare un bel guaio per molte persone. Infatti i contributivi puri hanno diritto ad una serie di vantaggi che sono preclusi agli altri.
Un lavoratore contributivo puro, anche se non arriva, per varie ragioni, a d avere 20 anni di contributi, una volta che compie 71 anni può smettere di lavorare anche con solo 5 anni di contribuzione. Questa possibilità, invece, non è data a chi ha contributi antecedenti al 1996.
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Se una persona con contributi versati anche prima del 1996, per un qualunque motivo, non arriva a 20 anni di contributi, sono guai seri: perde tutti i contributi e il diritto alla pensione. Se si versa in una condizione difficile si può sperare nell’assegno sociale, altrimenti si sarà costretti a lavorare fino al raggiungimento dei 20 anni di contributi.