Una sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito una novità importante in relazione al calcolo dell’importo della pensione di invalidità.
Gli invalidi di età compresa tra i 18 ed i 67 anni hanno diritto a ricevere il cosiddetto assegno ordinario di invalidità, prestazione economica disciplinata dalla legge numero 222 del 1984 ed introdotta in favore dei soggetti ai quali viene riconosciuta una diminuzione a meno di un terzo della capacità lavorativa.

Per quanto riguarda l’importo dell’assegno è arrivata una storica sentenza della Corte Costituzionale. I giudici hanno stabilito che la misura erogata non potrà essere inferiore ai 603 euro, novità che interesserà soprattutto coloro i quali hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1996. Per quest’ultimi, difatti, non era prevista l’integrazione al minimo, stabilita ora dalla Corte Costituzionale.
Pensione di invalidità, tutti avranno diritto al minimo: la sentenza della Corte Costituzionale
I giudici della Corte Costituzionale, attraverso la sentenza numero 94 depositata lo scorso 3 luglio, si sono espressi in merito all’importo dell’assegno ordinario di invalidità. Il provvedimento ha giudicato incostituzionale la parte della riforma Dini secondo cui non è previsto il trattamento integrativo della pensione di invalidità per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996.

Con la sentenza, dunque, viene stabilito che anche questi lavoratori, i quali hanno versato i primi contributi a partire dal 1996, hanno diritto all’importo minimo della pensione di invalidità. La misura, dunque, non potrà più scendere sotto la soglia minima fissata a 603 euro al mese.
Senza questa novità, coloro i quali rientravano nel sistema contributivo avevano diritto ad un assegno di pensione più basso poiché calcolato tenendo conto dei contributi versati e senza la possibilità di accedere all’integrazione della prestazione.
Secondo la Consulta, come si legge nelle motivazioni della recente sentenza, la misura ha come scopo quello di garantire che l’assegno possa permettere al cittadino di soddisfare le esigenze di vita in maniera dignitosa. Il divieto di integrazione per i lavoratori che rientrano nel sistema contributivo è stato ritenuto illegittimo e discriminatorio, ma la decisione non avrà carattere retroattivo. Quanto stabilito, difatti, avrà effetti solo a partire dal giorno successivo della pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, ossia dallo scorso 10 luglio. In sintesi, coloro i quali hanno ricevuto un importo più basso in passato non potranno ricevere gli arretrati. Per i trattamenti, invece, successivi alla data del 10 luglio del 2025 la cifra dell’assegno non potrà essere più bassa alla soglia dei 603 euro, grazie all’integrazione della prestazione economica.





