Pensione di reversibilità, può essere pignorata da eventuali creditori? Ecco come stanno davvero le cose per i superstiti.
La pensione di reversibilità costituisce un sostegno economico di fondamentale importanza per i familiari superstiti di un pensionato deceduto. Non è inutile chiedersi se non possa essere pignorata se ci sono debiti da saldare in sospeso.
Se il pensionato deceduto ha maturato dei debiti i creditori possono aggredire la pensione di reversibilità per recuperare la totalità o almeno una parte dei soldi? E se invece è il superstite ad avere dei debiti pendenti? Dalla risposta a questa domanda dipendono molte cose, non sfugge a nessuno.
Cerchiamo di capire allora se la pensione di reversibilità è esente o meno dal rischio di un pignoramento e se, in caso, c’è modo di scongiurare il rischio di vedere l’assegno intaccato dalle richieste dei creditori.
La pensione di reversibilità può essere pignorata?
La risposta è che sì, anche la pensione di reversibilità può essere pignorata. Ma attenzione: il pignoramento non può oltrepassare i limiti fissati dalla legge che impongono il mantenimento di un certo minimo vitale.
Questo vale tanto nel caso di debiti maturati dal coniuge superstite quanto di quelli maturati dal defunto. Partiamo dal caso in cui è il superstite che ha ottenuto la pensione di reversibilità dall’Inps ad avere debiti. I creditori possono aggredire la sua pensione di reversibilità nel limite di pignorabilità delle pensioni, aggiornato nel 2022 (legge 115 del 19 agosto 2022) e portato da 1,5 a 2 volte il valore dell’Assegno sociale.
Dato che quest’ultimo viene rivalutato ogni anno in base al costo della vita, anche per il limite di pignorabilità vale la stessa cosa. Questo vuol dire che un potenziale creditore quest’anno non potrà aggredire la parte di pensione il cui importo (lordo) è pari a 1.068,82 euro.
Per legge questo valore non può essere toccato. Diverso il discorso però per la parte eccedente i 1.068,82 euro che può essere pignorabile per 1/5 (ovvero il 20%). Per fare un esempio, su una pensione di 2.000 euro, nel 2024 possono essere pignorati fino a 186,23 euro.
Altra cosa da tenere presente è che il minimo vitale viene valutato sull’intero importo della pensione percepita. Vale a dire anche sulla pensione diretta, nel caso in cui sia cumulata con la pensione di reversibilità. Se poi i debiti hanno natura diversa si rischia il pignoramento da parte di più creditori. Tuttavia in questo caso la quota pignorabile è pari a 2/5 (40%) della parte eccedente il minimo vitale.
E se era il defunto a essere indebitato?
Se invece era il defunto da avere debiti bisogna capire come prima cosa se si tratta di debiti che possono essere ereditati o meno. In questo caso occorre valutare se il gioco vale la candela, ovvero se vale la pena accettare l’eredità del defunto al rischio di vedersi pignorare la pensione (sempre secondo le regole e i limiti fissati dalla legge) e altri redditi personali come ad esempio lo stipendio.
In alternativa c’è una soluzione: rinunciare all’eredità e evitare di farsi carico dei debiti del defunto. La rinuncia all’eredità del defunto infatti non compromette in alcun modo il diritto alla pensione di reversibilità. Quest’ultima è una prestazione assistenziale che mira ad assicurare ai superstiti un reddito sufficiente alla loro sopravvivenza.
Motivo per cui la pensione di reversibilità non è soggetta alle regole della successione. Non è dunque condizionata all’accettazione dell’eredità. Per scongiurare il rischio di pignoramento della pensione di reversibilità la rinuncia all’eredità può essere dunque una buona soluzione.