Con la nuova legge di Bilancio ci saranno novità di rilievo per quanto riguarda le pensioni. In particolare cambierà l’età pensionabile.
Siamo tutti in fermento, in attesa di scoprire quante e quali novità verranno introdotte dal Governo di Giorgia Meloni con la legge di Bilancio 2025. Sappiamo già che le risorse economiche a disposizione sono molto esigue e che, dunque, una riforma delle pensioni strutturali non si può ancora attuare.
Tuttavia tutti speriamo in qualche novità positiva, qualche cambiamento che ci faccia intravedere un lento ma progressivo superamento della legge Fornero la quale ha portato l’età pensionabile a 67 anni. I cambiamenti ci saranno ma, purtroppo, potrebbero non piacere a molti i nuovi limiti per andare in pensione.
L’Esecutivo, in questo momento, non può agevolare troppe uscite anticipate dal lavoro o il sistema crollerebbe come un castello di carte. La mancanza di adeguate risorse unita al pesante crollo delle nascite rende sempre più complicato e aggrovigliato il nodo delle pensioni e molti lavoratori rischiano di rimetterci.
Pensioni: cosa cambierà nel 2025
Il tema delle pensioni resta al centro della scena e preoccupa gli italiani più che mai. Tutti temono un innalzamento dell’età pensionabile e probabili tagli sugli assegni mensili. Timori infondati? Purtroppo no. Prepariamoci ad una serie di novità che potrebbero far storcere il naso a più di qualcuno.
Una cosa ormai è certa: la Legge di Bilancio per il 2025 sarà fortemente influenzata dall’avvio della procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea. Questo meccanismo viene attivato quando un Paese membro supera il limite del deficit. L’Italia è andata ben oltre la soglia consentita e ora qualcuno dovrà pagare il prezzo di manovre fatte a suon di extra deficit.
E il prezzo potrebbero pagarlo quei tanti lavoratori che sperano di andare in pensione nei prossimi anni. Infatti per tagliare la spesa pubblica è altamente probabile che il Governo decida di aumentare ancora l’età pensionabile. Innalzamento che si rende necessario anche per adeguarsi all’aumento della durata media della vita. Non si sa ancora di quanto ma, nel frattempo, si è già parlato di far lavorare alcune categorie anche fino a 70 anni.
Non solo: potrebbe essere stabilito il ricalcolo contributivo per tutti gli assegni a prescindere da quando una persona ha iniziato a lavorare. Pertanto anche coloro che hanno iniziato a lavorare e a versare i contributi prima del 1996 – anno in cui è stato introdotto il sistema di calcolo contributivo per le pensioni – potrebbero avere un assegno molto più basso del previsto poiché ricalcolato interamente con il sistema contributivo.
Tutte queste novità – che sono ancora oggetto di discussione – sicuramente avrebbero un impatto positivo sulle casse dell’Inps ma disastroso in termini di disoccupazione giovanile. Infatti aumentare l’età pensionabile non agevola ma, anzi, ostacola, il ricambio generazionale nei luoghi di lavoro.