Chieti. La National Geographic sta girando un nuovo documentario sul tema degli abitanti dell’antica Ercolano, sul loro modo di vita e sulle circostanze della loro morte. Una parte del documentario sarà girata presso il Museo universitario di Chieti, diretto dal Professor Luigi Capasso. Infatti, proprio nei laboratori del Museo dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara si sono svolte le indagini scientifiche e le ricerche documentali sui resti mortali dei cosiddetti “Fuggiaschi di Ercolano”, un gruppo di circa 200 abitanti della città che si rifugiarono sulla antica spiaggia dove poi trovarono la morte, travolti dalla nube vulcanica tossica ed ardente prodotta dal Vesuvio del 79 d.C.
Le riprese, che saranno eseguite dalla Windfall Films Company per conto di National Geographic, saranno tese ad approfondire e documentare alcuni degli spetti relativi alle più importanti scoperte antropologiche a suo tempo fatte dallo staff del Museo. In particolare, saranno riprese e documentate tutte le lesioni scheletriche che gli antropologi della nostra Università hanno evidenziato sugli scheletri infantili, dimostrando lesioni connesse all’impiego di quei fanciulli in attività lavorative pesanti, ripetitive, che tendono a dimostrare la presenza dello sfruttamento del lavoro minorile in alcune fasce della antica popolazione di Ercolano. Inoltre, di grande interesse sono le lesioni scheletriche dovute alla brucellosi, lesioni che gli antropologi hanno dimostrato essere correlate al consumo alimentare di formaggio fresco di pecora e di capra. Infatti, su alcune tavole dell’antica Ercolano, ancora imbandite al momento della tragedia, furono trovate piccole forme di formaggio caprino la cui analisi, eseguita nei laboratori di Chieti, ha permesso per la prima volta al mondo la documentazione proprio delle brucelle, i microorganismi causa della malattia umana, che erano straordinariamente perfettamente conservate. Una storia di contaminazione alimentare e di gravi conseguenze sanitarie sulla popolazione, scoperta dopo quasi duemila anni grazie alle moderne tecniche di indagine antropologica.