La nona tappa del “giro” fa scalo nell’antica “SARDINIA” come dicevano i romani o meglio SANDALION (sandalo) come la battezzarono i greci a causa della conformazione costiera a forma di piede quindi sandalo; è una regione enormemente ricca di materie prime ed acque, gode di un ottimo ambiente pedoclimatico con terreni granitici (mineralità e difese immunitarie ai vini) ma anche sabbiosi (ovviamente una sabbia particolare) tuttavia la vera ricchezza è data dal notevole PATRIMONIO CULTURALE proveniente dai tanti popoli marinari che hanno “usato” la Sardegna come attracco-sosta obbligatoria per poter proseguire i lunghi viaggi verso l’Africa!
I Fenici (popolo di origine libanese di cui si ha notizia fin dal 2200 a.c.) famosi mercanti del Mediterraneo, nel 1000 a.c. portarono commercio e sviluppo poi nel 238 a.c.arrivarono gli antichi romani che di li a poco avrebbero lasciato un’importante eredità linguistica (forti dell’età d’oro del latino di quel periodo) creando le basi neolatine per la lingua sarda che, nonostante i numerosi dialetti interni, è oggetto attuale di discussione per acquisire il titolo di lingua patrimonio dell’umanità!
Tuttavia, il periodo migliore la civiltà sarda lo ha avuto nella cosiddetta ETA’ GIUDICALE (750-1000 d.c.subito dopo i bizantini) con una grande organizzazione politica costituita da un sistema democratico di quattro regni (Cagliari, Torres, Gallura ed Arborea) ognuno con un giudice a capo.
Dopo il 1015 ci fu l’apertura prima commerciale e poi politica alle Repubbliche Marinare di Genovesi e Pisani con un ulteriore sviluppo dell’isola ma nel 1300 l’invasione aragonese (spagnoli catalani) creò inevitabili conflitti interni ed il popolo autoctono molto unito promulgò nel 1392 la CARTA DE LOGU, delle articolate leggi civili e penali scritte in sardo volgare (discendente diretto del latino) che resteranno in vigore per ben 335 anni!
Nel 1469 gli spagnoli fondarono il Regno di Sardegna erigendo le numerose torri sulle coste poi seguì una breve parentesi austriaca (1713) ma nel 1718 la Sardegna tornò in mani italiane col Regno di Savoia e quindi il Regno d’Italia nel 1861. Data l’enorme ricchezza enogastronomica sarda, in questa tappa prenderemo in considerazione la parte sud-ovest dell’isola quindi Cagliari ed Oristano con una fugace digressione nel nuorese e in “un’isola nell’isola”!
Nell’oristanese i vitigni più interessanti sono la Vernaccia di Oristano ( da non confondere con la vernaccia di s. gimignano o quella di serrapetrona) ed il Bovale sardo detto anche Bovaleddu (piccolo bovale per distinguerlo dalla versione spagnola); la Vernaccia che i romani denominavano Vernacula (vino del luogo) permette di produrre un vino secco, giallo-dorato con retrogusto di mandorle amare e molto ricco di “sapore” ma si usa anche per produrre vini liquorosi da fine pasto dal colore ambrato inoltre si presta bene alla florizzazione di cui parleremo più avanti invece il bovaleddu per sua natura ha una maturazione veloce ed abbondante ma la bassa acidità lo rende poco equilibrato anche se le moderne tecniche di vinificazione stanno cercando di colmare questa lacuna.
Il nuorese è il luogo d’elezione del famoso Cannonau (vitigno di origine sarda al 100% e non spagnolo), vitigno vigoroso con un’ottima capacità di adattamento che esige una maturazione tardiva. Nel cagliaritano le cose si complicano piacevolmente con la presenza di più vitigni storici ed unici come caratteristiche organolettiche; il Nuragus, vitigno a bacca bianca che prende il nome dall’omonima cittadina in provincia di Cagliari fondata dai Fenici (fondatori della città di Nora in africa di cui nuragus prende il prefisso nur) permette di produrre un vino semi aromatico (atipico per la sardegna) giallo paglierino con riflessi verdolini fresco, floreale, agrumato con sentori di mela verde.
Il vitgno NASCO (nuscu in sardo) che gli antichi romani denominavano VITIS AMABILIS per la dolcezza con aroma di muscus (muschio) ed il MONICA (terzo vitigno per diffusione in Sardegna) che però viene ancora coltivato con rese eccessive quindi con scarsa qualità MA, il vitigno star del cagliaritano è il CARIGNANO DEL SULCIS originario di Carifiera (cittadina aragonese) e denominato carinana in Spagna; ha “viaggiato” molto prima di arrivare in Sardegna (1300) transitando per la limitrofa Francia (carignan) quindi Corsica!
Lo ritengo uno dei vitigni più interessanti al mondo specie se coltivato in zone dove il suolo e sottosuolo ne garantiscono l’immunità ai parassiti come l’Isola di S. PIETRO in provincia di Cagliari! Con lo chef Gianfranco in splendida forma e quarantacinque degustatori vogliosi di iniziare il viaggio enogastronomico, Aida e Sara entrano in sala con vassoi colmi di crostoni di pane Guttiau, formaggio classico stagionato, Casizolu fresco e crema di formaggio al peperoncino, lardo di suino al mirto, salsiccia di maiale ed olive in salamoia a cui abbiniamo uno spumante metodo classico il cui vino è un blend di Nuragus, Vernaccia di Oristano e vermentino ottenuto con la “florizzazione”!
Cos’è? In parole semplici, per la fermentazione (trasformazione del succo dell’uva in alcool ad opera dei lieviti) si usano i lieviti FLOR (caratteristici sardi e considerati un’appendice di terroir) i quali, dopo aver provocato la prima classica fermentazione, precipitano nel fondo della botte ma poco dopo “resuscitano” nutrendosi dello stesso alcool che hanno prodotto e di ossigeno (la botte che si usa dev’essere scolma) provocando quindi una seconda fermentazione avente lo scopo di produrre dei precursori aromatici particolari per cui il vino si arricchirà di aromi di zafferano, formaggio affumicato, mela al forno, noce con un bel colore giallo dorato carico ed un “sapore” deciso e persistente! Il risultato è una bollicina a tutto pasto che non teme abbinamenti ardui e che non stanca mai!
Il Marzani REVERSE dell’azienda Deidda di Simaxis (i cui abitanti sono chiamati marjani cioè volpi in sardo e da qui l’italianizzazione Marzani) va assaggiato almeno una volta nella vita e con soli 28 euro vi donerà emozioni uniche! Con i malloreddu (tipo di pasta corta che in sardo meridionale significa vitellino) con salsiccia e zafferano abbiamo optato per il Carignano del Sulcis ROUSSOU dell’azienda U TABARKA situata nella famosa isola di S.Pietro (nome che deriva da un ipotizzato attracco di Simonpietro nel 46 d.c.) un vino prodotto con uve di un vigneto pluricentenario inattaccabile dalla fillossera quindi mai innestato con la vite americana e per ciò ricco di sentori che vanno dalla ciliegia, mirto con sfumature iodate dovute alla vicinanza del mare; è un terroir particolare con sabbie uniche, forti venti di maestrale che “puliscono” l’aria per un’isola particolare dove si parla il tabarkino (dialetto genovese) a causa degli attracchi obbligatori dei pescatori genovesi per poter proseguire verso l’isola di Tabarka sulla costa tunisina nel 1700 luogo di importanti scambi commerciali. Il costo di 15 euro in enoteca non permette solo di degustare un ottimo vino dal colore particolare ma di inebriarsi di storia….quella vera che narra di relazioni umane vere! Arriva l’ora dell’Agnellino con carciofi e patate con una SUPERBA melanzana alla sarda con cui lo chef Gianfranco ha dimostrato gli “attributi”!
E’ con le materie prime semplici che si vede “il manico” e se il suo mentore Gualtiero Marchesi fosse ancora tra noi, esprimerebbe il suo contenuto apprezzamento (era giustamente severo) in lingua sarda con un ASSAJE’ (è un buon punto di partenza); l’abbinamento d’elezione è con un Cannonau d.o.c. proveniente dalla zona originaria ( NUORO) dell’azienda Viniolas di Dorgali di proprietà di Mario Bacchitta un viticoltore che non sta dietro una scrivania ma in vigna VIVENDO la vigna! Ho assaggiato per caso il suo Cannonau (ma anche il suo Vermentino luinara) dato che un mio cliente me lo ha riportato da un viaggio in Sardegna e, subito dopo l’ho contattato per una fornitura; il Randa (è la vela armata dell’albero maestro di un’imbarcazione) è un vino che non dovrebbe mancare in alcuna enoteca per un costo di 15 euro che la dice lunga sull’onestà di questa gente dall’antico sapere! I 15,5 gradi alcolici non devono spaventare perchè in bocca non mostra spigolosità e rivela tutto l’eccellente terroir da cui deriva.
Con i mostaccioli, pappasinos e amaretti, tipici dolcetti sardi, abbiamo degustato il Latinia della cooperativa sociale agricola Santadi sita nell’omonima cittadina nel cagliaritano, è una vendemmia tardiva di uva Nasco che dopo la classica fermentazione per ottenere un vino dolce (bloccata dall’uomo) trascorre alcuni mesi in barrique di terzo passaggio che aggiunge ai sentori di muschio e fiori d’arancio un tono boisè amalgamati in una dolcezza mai stucchevole! Il costo di 22 euro per la bottiglia da 0,37 a mio parere un po elevato ma, le cose particolari, costano.
Veniamo alla classifica di gradimento vini: vittoria con distacco per il metodo classico Marzani Reverse in degorgement 2015 con ben 13,10 punti medi che lo proietta in vetta alla classifica dei vini più votati di sempre spodestando il Torrette superiore La Source rimasto primo da ben otto tappe! Seguono il Cannonau Randa con 11,97 quindi il vino dolce Latinia con 11,77 ed infine il Roussou U Tabarka con 11,53!
Per i piatti, altro arrivo in solitaria per l’agnellino con carciofi e patate ed una INCREDIBILE melanzana alla sarda poi il mix di antipasti con 11,95 ed a pari punteggio, i malloreddu ed i dolcetti con 11,75; i punteggi alti di tutti i vini ed i piatti, colloca la Sardegna sud/ovest al secondo posto della classifica generale ad un soffio dalla maglia rosa quindi la classifica aggiornata alla nona tappa è la seguente:
Umbria 12,15 Sardegna N/O 12,07 Basilicata 12,05 Valle D’Aosta 12,01 Trentino 11,93 Sicilia N/E 11,11 Friuli 10,66 Liguria 10,37 e Puglia 9,73. Assente giustificata la maglia rosa degustatori nella persona del dottor Umberto Carapucci in quanto in prima linea al pronto soccorso nella battaglia contro il coronavirus; siamo fieri di lui e lo aspettiamo a braccia aperte alla prossima tappa che sarà l’Alto Adige!
Stefano Grilli – enoteca Saraullo – Tortoreto (TE) 0861787751