Campli. Domenica 26 Giugno 2011 alle ore 19.00 inaugurazione, al Palazzo Farnese in Piazza Vittorio Emanuele, della mostra di pittura di Manuela Cappucci. L’evento è organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Campli.
Marialuisa, responsabile della Sala Trevisan del Centro Culturale “San Francesco” ha scritto una breve presentazione sulle opere della pittrice abruzzese: “Ogni forma tracciata è il senso e il fine dell’esistenza. A volte, su tutto, un segno, quasi una leggera grafia, che in Just stop now domina il quadro e riesce a creare uno spazio vibrante ed ambiguo, il segno diventa essere vivente e sottintende e contiene tensioni di forze appena dominate dal pensiero. Lo stesso in Falena in cui tutta la tela sembra trasformarsi nelle fragili ali, coperte di sottili squame sovrapposte e palpitanti, di una farfalla notturna. Silenziosa ricercatrice, l’artista pone la lente d’ingrandimento sul deposito di colore e materia della sua tela e cerca di afferrarne la trama.
Più cromaticamente emotivo appare Nelle vene che sembra aprirsi in modo “scomposto” per accogliere anche brandelli di testi poetici. Il risultato è una sorta di paesaggio interiore in cui la soggettività dell’io si immerge e si perde, logorando i confini tra interno ed esterno. La pittura si dichiara come unica verità possibile nell’inestricabile groviglio di segni, strisciate di colori, materia e vita.
A creare degli scatti ritmici imprevisti, negli ultimi lavori, l’artista introduce fili di rame o di ferro, piegati a formare cerchi o quadrati labirintici. Sicuramente questa soluzione, dal punto di vista formale, aumenta la capacità magnetica dello spazio compositivo, accentua la sua profondità appoggiandosi sempre più a colori puramente funzionali rispetto all’astrazione nonostante titoli come Rose notturne e Piante carnivore. Eppure quei fili piegati e introdotti sulla tela sono immagini, icone universali, presenti fin dai tempi remoti. Popoli diversissimi per culture ed epoche storiche sono stati guidati dall’universalità della forma circolare del mandala che significa essenza prima ancora che cerchio. In Rose notturne il sottile filo di ferro è flesso anche in modo tale da segnare una sorta di labirinto quadrato che immediatamente ci si esplicita come simbolo dell’interiorità più profonda dell’uomo ma anche come una specie di intricato cammino interiore, necessario per riappropriarsi del senso dell’esistenza.
Nel suo ultimo lavoro Sottobosco chimico rinuncia a qualsiasi tipo di facile appeal che possa derivare dai suoi colori sia pure non naturalistici e ci restituisce una tela intensissima, quasi radiografia di un percorso pittorico-psicologico.
La tela è luogo, insieme, materiale e mentale, in cui i segni diventano enigma e sortilegio inafferrabile di scuri,. di ombre e di pochi spiragli di luci; vi si coglie una relazione imprescindibile eppure inspiegabile tra gli elementi.
Sottobosco chimico vive di una sua inquietante attualità e penetra nelle nostre coscienze, diventate improvvisamente inadeguate, in un rapporto diretto, emotivo, dinamico difficilmente declinabile in modo univoco se non nell’idea di una lucida e compiuta provocazione intellettuale”