Che cosa hanno in comune alcuni degli attori più famosi d’Italia e l’arrosticino, uno dei simboli della cucina abruzzese?
Apparentemente niente ma… in fondo è difficile resistere alla tentazione di assaporare quello è che uno dei piatti più conosciuti della cucina del territorio e, dunque, non è poi così arduo tracciare un filo di connessione che unisce dei volti noti al piacere per il palato.
E così accade anche che un’attrice piuttosto nota, dopo il successo riscontrato a teatro, riesca a trovare il tempo e il gusto per assaporare gli arrosticini in un’osteria di Pescara, scatenando una serie di reazioni divertite da parte dei suoi colleghi e l’impressione che, in fondo, all’arrosticino è molto difficile dire di no.
Tutti pazzi per l’arrosticino
A dare il via a questa particolare vicenda è Anna Foglietta, protagonista domenica scorsa al teatro comunale di Città Sant’Angelo con il suo Donne vestite di sole. Ebbene, dopo lo spettacolo l’attrice si è concessa una pausa gustosa scegliendo, insieme al produttore Stefano Francioni, l’osteria Somari, un noto locale di Pescara, per assaporare quello che è uno dei cibi simbolo di tutto il territorio abruzzese, l’arrosticino.
A quel punto il produttore Stefano Francioni ha postato sul suo account Instagram il selfie in compagnia dell’attrice e di un paio di arrosticini, scrivendo I due moschettieri e aggiungendo una serie di hashtag come #wlabruzzo, #arrostiland, #pescara.
Numerose sono state le reazioni che lo scatto ha determinato, a cominciare da quella di Luca Argentero, che ha scritto che potremmo fare i milioni con gli arrosticini, per proseguire poi con quella di Giò Di Tonno, che si è limitato a un generico così mi piaci.
Naturalmente, in tutto questo non poteva certamente mancare anche il commento della stessa Anna Foglietta, che ha scritto in arrosticino We trust.
Per i non autoctoni, il tipico arrosticino abruzzese è uno spiedino di carne dell’Appennino, con cubetti di carne di circa 1 cm di lato. Lungo circa 20 centimetri, l’arrosticino tradizionale si è nel tempo affiancato con tantissime altre varianti che presuppongono diverse tipologie di carne e modalità di preparazione.
Ad alimentare le varianti – occorre rammentarlo – è l’assenza di una denominazione di origine protetta del prodotto che, come da tradizione, dovrebbe essere solo di carne ovina, preferibilmente di castrato, ovvero di montone sottoposto a castrazione con età tra i sei mesi e i due anni, o di femmina giovane che non ha ancora partorito.