Nel film Rush per chi tiferete: per Niki Lauda o per James Hunt?

rushCome è antipatico Niki Lauda, proprio un crucco, James Hunt invece, lui sì che è un tipo divertente. Più o meno è questo ciò che pensa uno spettatore per trequarti del film “Rush”, diretto dal regista Ron Howard già premio Oscar per A beautiful mind, fino alla scena del tragico incidente di Nürburgring. E alla fine, ciò che il film lascia nel cuore dello spettatore, è un rispetto per entrambi i piloti che, con le loro gesta, negli anni ‘70 hanno appassionato i tifosi di Formula 1.

Anni folli e senza regole quelli, anni in cui il pilota faceva la differenza più che l’automobile, anni in cui si correva nonostante il nubifragio, anni in cui i piloti venivano estratti dalle loro auto dai colleghi in caso di incidente (proprio come è successo a Lauda), anni in cui mediamente perdevano la vita due piloti all’anno durante le corse.Ronnie Peterson, ad esempio, vinse il Gp di Monza nel 1976, nella corsa del rientro, contrastato dai medici, di Niki Lauda e sullo stesso tracciato Peterson, nel 1978, perse la vita.

Un film che mette a confronto due stili di vita, due modi di correre opposti, due atleti e due uomini agli antipodi eppure animati dallo stesso spirito: la sete di vittoria. Da una parte il disciplinato, perfezionista, razionale austriaco Lauda interpretato da un attore di padre tedesco, Daniel Brühl celebre per Bastardi senza gloria, dall’altra l’inglese dalla vita sregolata, sempre sopra le righe, l’appassionato James Hunt (l’attore australiano Chris Hemsworth già interprete di Thor) che beve champagne e fuma spinelli, secondo la ricostruzione del film, prima di salire sulla monoposto, emotivo a tal punto di vomitare prima di ogni gara, piantato dalla moglie che gli preferisce Richard Burton. Due rinnegati dalle famiglie, che preferiscono diseredarli che appoggiarli nella loro folle passione per le quattro ruote. Due uomini coraggiosi, due sportivi “alla vecchia maniera” tanto da rinunciare al suo secondo titolo mondiale all’ultima decisiva gara (Niki Lauda che ammette di essersi ritirato per le pessime condizioni del tempo durante il Gp del Giapponeanche se la Ferrari voleva coprirlo con i media dicendo che l’auto si era rotta) e Hunt che invece corre nonostante la pioggia, nonostante le gomme usuratissime a quattro giri dalla conclusione e che arriva, alla fine terzo, per vincere il mondiale con un solo punto di vantaggio su Lauda.

Le scene del calvario di Lauda in ospedale sono un po’ troppo “alla Esorcista”, ma certo danno l’idea della sofferenza patita dall’austriaco e in tutto il film abbonda il turpiloquio secondo la moda dei film di questi ultimi anni. Resta però, un film da vedere, anche solo per ritrovare lo spirito dello sport.

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