“È una raccolta di versi che ho iniziato a scrivere nel periodo in cui c’è stata la neve – ha spiegato l’autore –. Sono stato costretto a rimanere in casa e ho iniziato a scrivere. Ho scritto dopo un lutto causato dalla morte di mia moglie dopo dieci anni di malattia”.
“Ci sono libri che non vorresti mai presentare, libri che grondano lacrime, sofferenza, dolore, perché ‘le cose sono ebbre di pianto’, come dice Pascoli – ha commentato il professor Massimo Pasqualone nel corso della presentazione – ma solo chi ha il cuore aperto alle sofferenze del mondo può dire la bellezza. A volte si scrive per noia, altre per estro iettare emozioni e sentimenti, altre ancora per rimuovere dalle profondità dell’anima ‘giorni sopra giorni/fatti d’amaro oppure di meraviglia’ e le troppe ‘croste che avvolgono il cuore strato su strato’. Queste scale, sempre troppo alte per le nostre corte gambe, questa fatica e male di vivere, quando viene il freddo intenso della neve, che innalzano a riparo il muro della scrittura, la poesia che si fa rifugio, il verso che diviene scudo, la parola poetica che scandaglia, sbaraglia, sconquassa, dice il noi ed il qui di questo strano itinerario che è la vita”.
Francesco Rapino