Intervista a Daniele Guerrieri: lo scultore che fa muovere le opere

guerrieri“Tu vedi un blocco, pensa all’immagine: l’immagine è dentro basta solo spogliarla.” Con queste poche ma efficaci parole il grande artista toscano Michelangelo Buonarroti sintetizzava nel suo ‘500 la visione dell’arte scultorea. Parole che sono e restano attualissime ancor oggi, seppur forse ammantate da un pizzico di malcelata e antica nostalgia. In effetti tra tutte le arti, questa è di certo una delle più arcaiche, che traccia il percorso della rappresentatività umana fin dai suoi albori. Del resto qualunque manifestazione artistica racchiude in sé la forza dell’espressività che nel caso specifico della scultura viene a manifestarsi proprio coniugando la forza fisica, necessaria alla realizzazione dell’opera, con la forza della simbologia che ogni volta si vuole realizzare. E’ con questa premessa che con grande piacere abbiamo voluto raccontare ed incontrare le opere e la vita di un grande scultore italiano, e rosetano d’adozione: Daniele Guerrieri. Un personaggio davvero unico. Umile. Un grande artista. Ho dovuto letteralmente strappargli dalla bocca le dichiarazioni che leggerete.

Partiamo dall’inizio dalla lunga e gloriosa carriera di Daniele Guerrieri. 
“Ho iniziato con l’Accademia delle belle Arti a Roma, in seguito ho insegnato in numerosi istituti artistici ed Istituti d’Arte della Capitale e successivamente di Teramo. Nel periodo romano, che è durato circa un ventennio, tra gli anni ’60 e ’70 ho avuto la possibilità e l’onore di poter lavorare con i più grandi esponenti dell’epoca della cinematografia, come De Laurentis, Fellini. La Isabella Bergman, già altissima, veniva spesso nel mio studio in compagnia della madre. Spesso (ricorda con un sorriso ndr) passavano nello studio di via Margutta anche gli ex re greci Costantino e la madre, all’epoca del colpo di Stato nello Paese Ellenico. Molte mie creazioni infine, hanno contribuito ad allestire una delle regge più belle del mondo, come quella dello scià di Persia, nonché delle abitazioni degli Agnelli a Torino”.

Daniele, mi permetto di darti del tu vista la nostra vecchia e sincera amicizia: che cosa deturpa l’arte secondo te oggi?  “Vedi? A volte manca il contatto con l’opera che si sta creando. Bisogna entrare dentro essa! Ogni piccolo tentennamento può deturparla, anche una semplice distrazione potrebbe vanificare l’intero risultato. Nel caso specifico della scultura, mi permetto di aggiungere, che vi sono racchiuse tutte le arti: la poesia, la letteratura, anche la musica. La scultura è armonia. Dentro lei: vedi, lotti, combatti. Quello che si percepisce col tatto esce infine fuori in un’opera completa. Materiale. Attenzione: non è detto che se ne esca sempre vittoriosi però. E’ uno scontro di energie. Ma del resto anche lo stesso Universo è una scultura a ben guardare”.

Parliamo un po’ delle tue opere esposte nella nostra Roseto: “Il monumento ai Caduti del Mare esposta al pontile è del 1988, è un’ opera realizzata in bronzo. Mi fu commissionata dall’allora amministrazione nella persona dell’Ing. Valentini nel complesso della realizzazione del pontile. Rappresenta il tentativo di salvataggio di due uomini dall’affondamento di una nave. Quest’opera vuole essere l’omaggio della popolazione rosetana a coloro che hanno dato la vita nell’adempimento del dovere di procurare a sé ed ai propri familiari i mezzi per vivere dignitosamente e nel contempo, tramandare alle generazioni future la storia delle proprie origini che sul mare ha fondato l’economia e la cultura. Per certi versi oserei dire che lascia trapelare anche il mio temperamento talvolta quasi mistico”.
Un’altra tua importante opera invece si trova presso il nostro cimitero comunale…
“Si, quell’opera, sempre in bronzo, è denominata l’albero della vita. E’ stata dedicata ad una ragazza che morì tragicamente circa 20 anni fa, Daiana De Martino. Il clamore e l’emozione che tale evento suscitò nella comunità fu tale che l’allora amministrazione comunale pensò di dedicarle questo monumento. Come si può notare, ci sono dei volti appena accennati, altri invece compiuti, altri rami invece sono recisi di netto. Rappresentano i volti delle anime. Ma in sostanza sta a significare proprio l’evolvere della vita umana. Dalla nascita alla morte.”
I rami recisi cosa rappresentano invece?
“Quelli sono i rami che riproducono le persone mai nate, mai venute al mondo. Possiamo pensare all’aborto, ma anche alle persone che purtroppo non hanno mai potuto vedere la luce. Gli altri invece si potrebbero assimilare invece ad una rappresentazione angelica. In sintesi è un’ opera dedicata a tutte quelle anime, come nel caso di Daiana, che non hanno potuto godere della vita…”

E’ stato un incontro molto intenso e particolare, quello avuto con l’arte di Daniele Guerrieri. Un’arte che a tratti diventa pittorica, che con la forza della scultura riesce a far emergere energie tra le più nascoste, ma anche tra le più angoscianti. Tuttavia vere. Cariche di profondo significato artistico e se vogliamo “letterario”. Ma è la sua profonda, oserei dire, cinesi che sconvolge ed appassiona allo stesso momento. Un grande scultore è tale quando riesce a far “muovere” le sue opere. E questo nelle opere di Guerrieri avviene costantemente. Uno dei suoi ultimi importanti lavori, è stato realizzato un paio di anni fa. E’ il busto di Dante Alighieri e oggi è esposto al Museo D’arte Moderna di Toronto (Canada).

 

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