Il libro racconta la storia di Giosaffatte Angelozzi, trovato morto a Colle Merlo di Miano, alle porte di Teramo, nel primo pomeriggio del 22 settembre 1925, in fondo ad un fosso non molto distante dalla sua abitazione.
A trovarlo furono Aldina, sua figlia naturale, e Francesca, figlia di secondo letto della moglie, che lo aveva sposato in terze nozze. Si trattava di una disgrazia, di un suicidio, come i suoi famigliari ipotizzavano, o di un omicidio? Gli inquirenti si convinsero, così come i genitori e i fratelli del morto, che Giosaffatte fosse stato ucciso nella sua stessa abitazione e poi rivestito e che il suo cadavere fosse stato trasportato da più persone nel fosso dove era stato trovato, con accanto il suo cappello e il suo rasoio. Sotto accusa finirono sua moglie Maria Domenica Di Giorgio, Giacomo Di Bonaventura, figlio del primo marito della donna e altri quattro famigliari, tutti arrestati. Le indagini risultarono complesse e difficili e portarono, dopo più di un anno, al processo in Corte d’Assise. Gli imputati erano rimasti tre Maria Domenica, suo figlio Giacomo e uno dei suoi generi, Silvestro De Laurentis.